Nikola Šop (1904-1982), dopo un’infanzia e un’adolescenza fortemente improntata al rigore e allo studio, visse una drammatica esperienza quando, il 6 aprile del 1941, fu ferito durante il primo bombardamento tedesco di Belgrado. Pur riportando in quell’occasione lesioni irreversibili alla colonna vertebrale che lo lasciarono per sempre paralizzato, continuò a scrivere fino alla fine dei suoi giorni.
I frammenti che seguono, tratti dall’Almanacco dello Specchio mondadoriano del 1993, sono parte integrante di un ciclo, dal titolo Tremenda, pubblicato postumo nel 1988. In tutte le composizioni che lo formano, compare una parola guida, “scheletro” o suo affine semantico, presentimento quasi di quanto dolore e morte stringerà quelle tormentate guerre all’indomani dello scioglimento della Jugoslavia di Tito. Nel secondo dei testi qui ripreso colpisce il trattamento della figura femminile, un disegno asciutto di una novella Giovanna d’Arco, spoglia d’ogni fattezza umana e gentile, e probabilmente ampia metafora della morte.
C’è, nella poesia di Šop una presenza quasi ossessiva, una figura ripetitiva, cristologica, ma sempre “incarnata”, se così posso dire, nelle figure più umili della cittadina di Jajce: dall’oste all’ombrellaio al calzolaio. Un Cristo sempre così umano, tratteggiato con la forza nitida della disperata e talvolta cupa condizione dell’essere balcanico.
Šop è un autore dalle prese di posizione poetiche molto rigorose e rigide ma, allo stesso tempo, sa respirare le temperie dell’essere e del mondo traducendole in versi, un poeta che possiamo considerare vertice della poesia metafisica europea.
Suggerisco per i bibliofili due opportunità per leggerlo con più ampiezza:
Almanacco dello Specchio, n.14, 1993, già ricordato;
Mentre i cosmi appassiscono, con la fulgida introduzione di Andrea Zanzotto, apparso con Scheiwiller nel 1996, sempre tradotto da Dubravko Pušek.
1
Chi sei tu,
travestita nello scheletro,
tu fatta regina della morte
dallo scherzo carnevalesco.
Orrore, chi sei,
tu,
su cui ora
rimbomba il ghigno
delle trombe del giudizio.
Tuona Tremenda
Rimbomba Diruenda
in lontananza,
i profeti e tutti i pellegrini
afferrano il tuo teschio
e sorseggiano la sua dolcezza
finché le loro labbra non sentono
anche la fila dei denti di perla,
il loro bacio ingannevole
resta nel vuoto dei tuoi baci
e dietro
lo scheletro tuo
si chinano allettati
per trovarti.
Qui non c’è nulla,
qui sola dondola
una gamba
e tintinnano spettrali vertebre.
2
Cosa attendevano
dietro le tue costole,
donna spaventosa,
attendevano che ti mostrassi col fianco,
che si modulasse, da sopra,
la stretta vita,
che tintinnasse
nel gioco carnevalesco
un’anca
nell’altra.
Tutto è vuoto, ma essi ugualmente
non rinunciano a sperare;
abbassando le mani
e allargando le palme verso te,
teneramente carezzano il tuo scheletro.
Giungendo alle tue ali,
improvvisamente si scuotono,
sentirono spettralmente
di toccare davvero la donna.
Le trombe festose
Sollevarono allora i pellegrini,
la pozione carnevalesca
spumeggiante si sgonfia.
FRANCESCO NAPOLI
Lascia un commento