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Cos’è per te la poesia?
La poesia per me, almeno negli anni dell’adolescenza, ha rappresentato una grande forma di salvezza. Penso alle opere di Cesare Pavese e di Emily Dickinson, i due poeti che per primi mi hanno fatto scoprire questo universo, che mi sforzavo di emulare scrivendo a mia volta: un esercizio grazie al quale in qualche modo io rinascevo, mi trasformavo, diventavo una persona migliore – ma soprattutto mi consolavo e coccolavo. Giulio Mozzi, in occasione dei suoi laboratori di scrittura che ho frequentato, amava ripetere una frase, probabilmente non sua: “Chi scrive poesie dopo i diciotto anni è un poeta oppure un pazzo”. Ecco: io non mi sono mai ritenuta una poetessa! Tengo i miei versi ben chiusi in un cassetto e non li farei mai leggere a nessuno: sono le mie frasi consolatorie. La poesia è la forma più alta di espressione raggiungibile con le parole, lascio che siano persone più dotate di me a muoversi tra quelle vette.
Hai un ricordo connesso a una poesia?
Ricordo il viaggio in treno in compagnia di un’amica – avevamo circa sedici anni e lei si divertiva a sbirciare tra le pagine del mio diario personale, più o meno consapevole del livello di intimità dei contenuti. Trovata la frase “Se non ci fosse la poesia ci sarebbe solo la lama e tanto sangue” alzò gli occhi dalla pagina e li fissò nei miei, sconvolta. “Davvero pensi certe cose?” mi chiese. Annuii. Ecco: per me la scrittura, in quel caso poetica, rappresentava davvero la salvezza. Riconosco in quelle parole e nella mia risposta di allora la carica di esagerazione e teatralità che riusciamo a esprimere forse solo nell’adolescenza, però resto convinta che la scrittura sia vita.
Capita anche che siano le poesie a venirti a cercare, esattamente come fanno determinati romanzi – e ogni volta è una scoperta nuova. Mi accadde lavorando a un’antologia di Antonia Pozzi, nel mio ruolo di correttrice di bozze: una rivelazione e l’inizio di un amore.
Quale libro di poesia (o poeta) ha acceso la tua immaginazione?
Sono solita iniziare i miei romanzi con una citazione – e spesso ho scelto di rendere omaggio ai versi di Cesare Pavese: lui è il poeta che più di ogni altro ha acceso qualcosa in me, non ho dubbi. Tuttavia, non è il solo ad avermi accompagnata nel mio percorso – tra questi cito volentieri Ada Negri, Alda Merini, Nazim Hikmet. Venendo ai contemporanei, ritengo si muovano in un mondo sempre più inaccessibile – almeno per me comune mortale – ma apprezzo Rupi Kaur, poetessa canadese di origine indiana, e Maria Chiara Razzini, giovane poetessa ad oggi ancora tutta da scoprire.
Silvia Montemurro è nata a Chiavenna, in provincia di Sondrio, la notte di San Lorenzo del 1987. Scrittrice, editor e writer coach, con E/O Edizioni ha pubblicato i suoi ultimi due romanzi “Le cicogne della Scala” (2024) e “La piccinina” (2023) – con Salani “L’orchestra rubata di Hitler” (2021). Collabora inoltre con periodici e quotidiani, sue opere sono state tradotte all’estero.
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