Finestra sulla parola (I)
Chi canta i racconti e chi li racconta può farlo solo mentre cade la neve. Così vuole la tradizione. Gli indiani del Nordamerica stanno molto attenti a questa faccenda dei racconti. Dicono che quando si racconta una storia, le piante non si preoccupano di crescere e gli uccelli dimenticano di nutrire i piccoli.
Finestra sulla parola (II)
Ad Haiti non si possono raccontare storie durante il giorno. Chi racconta di giorno merita che gli accada una disgrazia: la montagna gli lancerà in testa una pietra, sua madre potrà solo camminare a quattro zampe.
Le storie si raccontano di notte, perché di notte il sacro è reale, e chi sa raccontare racconta sapendo che il nome è quella cosa che il nome nomina.
Finestra sulla parola (III)
In lingua guaraní, ñe’è significa “parola” e significa anche “anima”.
Gli indigeni guaraní credono che coloro che mentono o abusano della parola tradiscano l’anima.
Finestra sulla parola (IV)
Magda Lemonnier ritaglia parole dai giornali, parole di tutte le misure, e le conserva in alcune scatole. Nella scatola rossa conserva le parole di rabbia. Nella scatola verde le parole d’amore. Nella scatola azzurra le parole neutrali. Nella scatola gialla le parole tristi. Nella scatola trasparente conserva le parole magiche.
Talvolta lei apre le scatole e le rovescia sul tavolo, affinché le parole si mescolino a casaccio. Allora, le parole le raccontano quando accade e le annunciano quanto accadrà.
Finestra sulla parola (V)
Javioer Villafañe ricerca invano la parola che gli è sfuggita proprio nel momento in cui stava per dirla. Dove se ne sarà andata quella parola che aveva sulla punta della lingua? Ci sarà un luogo dove si riuniscono le parole che npon hanno voluto rimanere? Un regno delle parole perdute? Le parole che ti sono sfuggite, dove ti staranno aspettando?
Finestra sulla parola (VI)
La A presenta le gambe aperte.
La M è un saliscendi che va e viene dal cielo all’inferno.
La O, chiusa circonferenza, ti toglie l’aria.
La R, come si sa, è incinta.
“Tutte le lettere della parola AMOR sono pericolose” constata Romy Diaz-Perera.
Quando le parole escono dalla bocca, lei le vede disegnate nell’aria.
Finestra sulla parola (VII)
Era prigioniero da oltre vent’anni, quando la scoprì.
La salutò con la mano, dalla finestra della sua cella, e lei gli rispose dalla finestra della sua casa.
Poi, le parlò con stracci colorati e con lettere cubitali. Le lettere formavano parole che lei leggeva con un binocolo. Lei rispondeva con lettere più grandi perché lui un binocolo non ce l’aveva.
E così andò crescendo l’amore.
Ora Nela e Negro Viña si siedono schiena contro schiena. Se uno se ne va, l’altro cade.
Vendono vino di fronte alle rovine del carcere di Punta Carretas, a Montevideo.
Finestra sulla parola (VII)
I forestieri erano arrivati e il rabbino non aveva nulla da offrire loro. Allora il rabbino andò dall’orto e gli parlò. Parlò alle piante con parole che venivano, come loro, dalla terra irrigata. Le piante accolsero queste parole e subito maturarono e diedero fiori e frutti. Così il rabbino poté onorare i suoi ospiti.
Lo racconta la Cabala e la Cabala racconta che il figlio del rabbino volle rifarlo, ma l’orto rimase sordo alle sue parole e nessuna pianta gli credette e neppure crebbe.
Il figlio del rabbino non ci riuscì. Ma, il rabbino? Fu in grado il rabbino di ripetere la sua stessa impresa? La Cabala non lo racconta. Cosa accadde al rabbino se l’arancio, il pomodoro, il gelsomino non gli risposero mai più?
Sa tacere la parola quando ormai non si trova più nel momento in cui è necessaria, né nel luogo che ne ha bisogno? E la bocca, sa morire?
da: Las Palabras andantes / Parole in cammino (Mondadori, 1996)
Incisioni di José Francisco Borges
Traduzione di Marcella Trambaioli
Foto di José Francisco Pinton
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