Magro,il volto scavato,una rada barba bianca a nascondere le rughe,era lì in piedi, affianco al palco, ad ascoltare l’assolo di quello sconosciuto contrabbassista.
Non è che il ragazzo suonasse poi così bene ma il vecchio sembrava così eccitato, batteva il piede segnando il tempo e agitava la mano come a dirigere la band.
Poi di colpo cominciò a girare su sé stesso,con le braccia aperte come un bambino che finge di essere un aeroplanino ,gli occhi chiusi,e un sorriso che gli schiudeva come un fiore le labbra secche.
La testa gli girava,la fronte madida di sudore,nella mente gli passavano immagini confuse.
Era lì di nuovo sul palco ,come nei giorni che furono,con Kenny,Herbie,Jackie,Dexter,Sonny ,i vecchi compagni di un tempo che volavano in alto ,riempiendo di note il cielo della notte.
E c’era lui,il giovane Butch, il ragazzo che tutti volevano avere accanto a segnare il tempo con il suo contrabbasso,solido come una roccia,impetuoso come un torrente di montagna,sicuro come il succedersi del giorno e della notte.
E dietro i tasti bianchi e neri,che andavano su e giù come dei denti pronti a morderlo,siedeva tranquillo Thelonious che come sempre gli diceva: “Lo sai vero che con te la mia musica funziona meglio ? ”
Si sentì mancare e si appoggiò al muro per non cadere a terra.
Aveva bisogno di qualcosa di forte,qualcosa che gli facesse dimenticare,che gli desse pace per qualche ora,che scacciasse quelle voci che gli facevano stupida compagnia nelle notti senza sogni.
Gli serviva un po’ di roba,di quella buona,come quella di tanti anni fa,in quella notte lontana che ora gli passava davanti agli occhi.
Stava suonando in un club,dove il fumo delle sigarette era così denso che quasi non riconoscevi i tuoi compagni sul palco.
Al pianoforte c’era un ragazzo bianco mai visto prima, che aveva un bel tiro.L’avevano beccato a volo per sostituire Sonny,il mago della tastiera,il suo amico inseparabile,un fratello.
E poi,nell’intervallo fra i due set,la porta del club si spalancò all’improvviso e apparve Charles,elegantissimo come sempre nel suo immancabile gessato.
Ma quella sera il pusher più cool di New York non aveva la solita aria sicura che sfoggiava di solito.
Si appoggiò allo stipite della porta e ,con un filo di voce,disse : “Sonny se ne è andato…lo hanno trovato nel suo letto con un ago nel braccio.”
A sentire queste parole Butch barcollò,poi posò con cura il contrabbasso sul pavimento,prese la giacca dalla sedia,controllò che la bustina fosse ancora nella tasca, e si diresse con calma verso l’uscita.
Arrivato alla porta,si girò e mormorò :”Vado da Sonny,ha bisogno di me.”
Da quel momento nessuno lo vide mai più e per anni nessuno seppe dove fosse finito.
Non lo avevano fatto fuori per uno sgarro a qualche boss,non era crepato per una maledetta dose sbagliata,non lo avevano neanche trovato per terra in strada,investito da qualcuno che non si era neanche fermato a guardare chi fosse quell’ubriaco che camminava di notte sull’autostrada.
Non era morto,era solo sparito.
Tempo dopo fu trovato che vagava di notte,senza meta,nei vicoli della città.
Gli fu diagnosticata una forma di schizofrenia paranoide, e venne rinchiuso in un ospedale psichiatrico.
In un reparto speciale,uno di quei posti dove sbattono quelli che chiamano i pazzi pericolosi.dove ti imbottiscono di pillole per calmarti,dove ti piazzano alle tempie dei fili elettrici che ti scuotono il cervello fin dentro l’anima.
E in quella specie di carcere rimase per tanti lunghi anni,senza che nessuno sapesse chi fosse realmente.
Ma forse Butch non era né pazzo né pericoloso,ma solo un ragazzo di ventisei anni,con un talento smisurato,e un animo troppo fragile per reggere il peso della vita.
Nessuno dei suoi famosi colleghi lo aveva mai cercato e ora, quando è ormai diventato vecchio,sono arrivati questi signori a tirarlo fuori da quel posto.
Gli hanno detto che sono dei giornalisti che vogliono scrivere un libro sul ritorno sulle scene di musicisti famosi ,scomparsi da tempo.
Non è che la cosa gli interessi poi tanto ma almeno così può uscire da quell’inferno.
E poi gli hanno procurato anche uno strumento , delle serate,ed eccolo che ritorna a suonare in un piccolo club di periferia, con dei giovani musicisti ,a cui non sembra vero di poter essere sul palco insieme al vecchio maestro.
Si è messo in tiro,con un bel vestito nuovo,e comincia a darci dentro come ai vecchi tempi.
Il pubblico applaude convinto,il locale è pieno,ai tavoli si beve alla grande,i giornalisti sono lì sotto al palco a prendere appunti sui loro taccuini, e la ragazza al banco flirta spudoratamente con un cliente mentre gli versa da bere.
In un angolo del club c’è un grande specchio che occupa quasi tutta la parete.
E ad un tratto Butch si vede lì, riflesso su quel muro, e una pena senza fine gli sale lentamente al cuore, mentre una nebbia sembra scendere giù dal soffitto a rendere incerte le immagini che vengono fuori dallo specchio.
Chi sono questi ragazzi sul palco, di cui non conosce neanche il nome ? Dove sono i vecchi amici di un tempo che,appena soffiavano nei loro strumenti, ti facevano ribollire il sangue nelle vene ? Chi è questa gente che applaude, senza capire che non sta succedendo nulla di magico su quel palco ? Chi è questo vecchio,tirato a lucido, che si agita con il suo basso ma che non ha più una storia da raccontare con la sua musica? Gli viene da piangere ma è troppo vecchio e non gli sono rimaste più lacrime.
E allora aspetta l’intervallo,e ancora per una volta posa il suo contrabbasso sul pavimento,prende la giacca dalla sedia e scende dal palco.
Si guarda in giro,nessuno sembra accorgersene.
E lentamente, per l’ultima volta,va via.
Gaspare Di Lieto
- Foto di copertina di Astrid-Riecken.
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