Quarto appuntamento della rubrica, IMAGO POETRY, curata da Casa della poesia e parte del progetto “La Biblioteca vive nel quartiere”, finanziato dal Ministero per i Beni e le Attività culturali e per il Turismo, realizzato dalla Biblioteca emeroteca di Villa Carrara del Comune di Salerno (capofila) in partenariato con le Associazioni: Casa della poesia, Saremo alberi, Marea, Bruno Zevi e Fondazione Cassa di Risparmio Salernitana.
La rubrica IMAGO POETRY pubblica, ma soprattutto condivide e diffonde poesie in video selezionate, montate, tradotte e sottotitolate provenienti dal grande archivio di Casa della poesia.
Non poteva mancare in questo progetto lo straordinario Juan Carlos Mestre, poeta e artista visuale, nato nel 1957 a Villafranca del Bierzo (Spagna) e voce fondamentale del panorama poetico contemporaneo spagnolo. Cantastorie visionario, creatore di catene d’immagini nelle quali realtà e invenzione si intrecciano in atmosfere incantate, assemblatore di un’assemblea di voci provenienti da ogni memoria o ricordo. Quella di Mestre è una voce di insolita profondità, guidata dalla necessità etica di quella che per lui è l’ultimo faro dell’utopia: la poesia. Scrive Javier Bello: «la poesia apre le sue porte affinché fantasmi e voci tornino vivi dalla catastrofe civile al luogo da cui furono espulsi (…). Questa poesia oscilla tra le più strazianti incarnazioni del profetico e la discontinuità della prosa del mondo; tra lo splendore del mito e la narrativa erratica dei successi immaginari oltre il crudele stupore dell’esperienza».
Scrive Juan Carlo Mestre: «Credo nella contingenza liberatrice della poesia, nella sua capacità di trasformare la coscienza della società, in quel qualcosa che il suo indeterminato beneficio comporta per il parlante nel progetto senza scopo della ripopolazione spirituale del mondo. Credo in quella socializzazione della felicità, […], credo nella sua argomentazione astratta e nell’inintelligibile messaggio delle cose effimere sulla notte terrena. Penso alla catarsi consolatoria di quanto significa l’interpretazione di un sogno e al paese morale di quelli che ormai vivono nell’aria, penso alla vergogna storica dei crimini civili, alla ripugnante abiezione dei totalitarismi, e penso anche alla criminalità economica, penso a quelli che sono soli e a quelli che nonostante la debolezza continuano a sostenere con forza, l’idea, fatta con parole, che un giorno le stelle saranno per chi le lavora».
La poesia scelta è una delle più famose ed apprezzate, letta spesso nel corso delle sue magnifiche letture pubbliche, “Cavalo Morto“, testo che propone, come scrive Giancarlo Cavallo nel suo “verso casa” «un cortocircuito tra realtà e immaginario poetico: il luogo esiste, ma in una poesia di Lêdo Ivo. Ragion per cui la conclusione, apparentemente paradossale e che sconvolgerebbe, contraddicendolo, l’intero testo, è invece del tutto coerente: Cavalo Morto è un posto che non esiste perché in realtà esiste soltanto in una poesia di Lêdo Ivo. Ma ancora una volta restiamo affascinati dalle immagini che scaturiscono quasi a getto continuo, incatenate le une alle altre in ogni strofa (moneta/moneta, parafulmine/parafulmine, cocomero/cocomeri, ecc.), in un movimento serrato che è al tempo stesso progressivo e retrogrado, tale da creare un tessuto sonoro avvolgente che ci porta con sé in una dimensione fantastica, in quel luogo che può contemporaneamente esistere e non esistere che è la poesia. Lêdo Ivo si presta magnificamente ad assumere i connotati del poeta folle (sale en las antologías con cara de loco) – lui che ai “matti” ha dedicato magnifiche poesie – o del poeta sciamano (cuando muere un caballo se llama a Lèdo Ivo para que lo resucite) che sono per Mestre quelli che possono introdurci in una realtà altra svincolandoci dalle panie della razionalità e dalle imposizioni del potere».
Le foto in questa pagina sono di Andrea Pecchioli, la traduzione tratta dal magnifico volume “Le stelle a chi le lavora” (Multimedia Edizioni) è di Raffaella Marzano. Con Juan Carlos Mestre i musicisti: Massimiliano Del Gaudio (percussioni), Ferdinando Gandolfi (strumenti a fiato), Martina Mollo (pianoforte), Massimo Mollo (plettri), Andrea Sensale (chitarra). Riprese e montaggio: Luca Granato.
La poesia resistente! Napolipoesia 2010
(ex Asilo Filangieri, Napoli)
© Archivio Casa della poesia
Juan Carlos Mestre
Cavalo Morto
Cavalo Morto è un posto che esiste in una poesia di Lêdo Ivo. Una poesia di Lêdo Ivo è una lucciola che cerca una moneta persa. Ogni moneta persa è una rondine di spalle posata sulla luce di un parafulmine. Dentro un parafulmine c’è un brusio di api preistoriche intorno ad un cocomero. A Cavalo Morto i cocomeri sono donne semiaddormentate che hanno in mezzo al cuore il rumore di un mazzo di chiavi.
Cavalo Morto è un posto che esiste in una poesia di Lêdo Ivo. Lêdo Ivo è un vecchio uomo che vive in Brasile che sta nelle antologie con la faccia del folle. A Cavalo Morto i folli hanno ali di mosca e ripongono nella loro scatola i cerini bruciati come se fossero parole sfiorate dallo splendore di un altro mondo. Un altro mondo è il fondo di un bicchiere, un posto in cui il retto ha la forma di ferro di cavallo e c’è una sola strada rivestita di tela di gabardina.
Cavalo Morto è un posto che esiste in una poesia di Lêdo Ivo. Un posto che esiste in una poesia di Lêdo Ivo è un fiume che si alza di buonora per andare a fabbricare l’acqua delle lacrime, piccole bugie di pioggia ferita da una spina d’acacia. A Cavalo Morto gli aerei legano con nastri di vapore il cielo come se le nubi fossero un regalo di Natale e i felici e gli infelici salgono direttamente agli ippodromi eterni attraverso la scala dell’inanellatore di gabbiani.
Cavalo Morto è un posto che esiste in una poesia di Lêdo Ivo. Una poesia di Lêdo Ivo è l’amante di una meridiana che abbandona in punta di piedi gli ostelli del giorno dopo. Il giorno dopo è quello che si sarebbero detto quelli che mai riuscirono ad incontrarsi, quelli che anche così si amarono ed escono a braccetto con la brezza dell’imbrunire per festeggiare il compleanno degli alberi e scrivono partiture per il campanello delle biciclette.
Cavalo Morto è un posto che esiste in una poesia di Lêdo Ivo. Lêdo Ivo è una scuola piena di fringuelli e un timoniere che canta nel piattino di latte. Lêdo Ivo è un infermiere che benda le onde e accende con il suo bacio le lampadine delle navi. A Cavalo Morto tutte le cose perfette appartengono a un altro, come appartiene il bullone delle stelle marine al predatore delle teste sonnambule e il postino delle rose della domenica alla coroncina di luce delle cameriere.
Cavalo Morto è un posto che esiste in una poesia di Lêdo Ivo A Cavalo Morto quando muore un cavallo si chiama Lêdo Ivo affinché lo resusciti, quando muore un evangelista si chiama Lêdo Ivo affinché lo resusciti, quando muore Lêdo Ivo chiamano il sarto delle farfalle perché lo resusciti. Datemi retta, i bei ricordi sono fugaci come scoiattoli, ogni amore che finisce è un cimitero di abbracci e Cavalo Morto è un posto che non esiste.
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Traduzione: Raffaella Marzano
Juan Carlos Mestre
Cavalo Morto
Cavalo Morto es un lugar que existe en un poema de Lèdo Ivo.
Un poema de Lèdo Ivo es una luciérnaga que busca una moneda perdida. Cada moneda perdida es una golondrina de espaldas posada sobre la luz de un pararrayos. Dentro de un pararrayos hay un bullicio de abejas prehistóricas alrededor de una sandía. En Cavalo Morto las sandías son mujeres semidormidas que tienen en medio del corazón el ruido de un manojo de llaves.
Cavalo Morto es un lugar que existe en un poema de Lèdo Ivo.
Lèdo Ivo es un hombre viejo que vive en Brasil y sale en las antologías con cara de loco. En Cavalo Morto los locos tienen alas de mosca y vuelven a guardar en su caja las cerillas quemadas como si fuesen palabras rozadas por el resplandor de otro mundo. Otro mundo es el fondo de un vaso, un lugar donde lo recto tiene forma de herradura y hay una sola calle forrada con tela de gabardina.
Cavalo Morto es un lugar que existe en un poema de Lèdo Ivo.
Un lugar que existe en un poema de Lèdo Ivo es un río que madruga para ir a fabricar el agua de las lágrimas, pequeñas mentiras de lluvia heridas por una púa de acacia.En Cavalo Morto los aviones atan con cintas de vapor el cielo como si las nubes fuesen un regalo de Navidad y los felices y los infelices suben directamente a los hipódromos eternos por la escalerilla del anillador de gaviotas.
Cavalo Morto es un lugar que existe en un poema de Lèdo Ivo.
Un poema de Lèdo Ivo es el amante de un reloj de sol que abandona de puntillas los hostales de la mañana siguiente. La mañana siguiente es lo que iban a decirse aquellos que nunca llegaron a encontrarse, los que aún así se amaron y salen del brazo con la brisa del anochecer a celebrar el cumpleaños de los árboles y escriben partituras para el timbre de las bicicletas.
Cavalo Morto es un lugar que existe en un poema de Lèdo Ivo.
Lèdo Ivo es una escuela llena de pinzones y un timonel que canta en el platillo de leche. Lèdo Ivo es un enfermero que venda las olas y enciende con su beso las bombillas de los barcos. En Cavalo Morto todas las cosas perfectas pertenecen a otro, como pertenece la tuerca de las estrellas marinas al saqueador de las cabezas sonámbulas y el cartero de las rosas del domingo a la coronita de luz de las empleadas domésticas.
Cavalo Morto es un lugar que existe en un poema de Lèdo Ivo.
En Cavalo Morto cuando muere un caballo se llama a Lèdo Ivo para que lo resucite, cuando muere un evangelista se llama a Lèdo Ivo para que lo resucite, cuando muere Lèdo Ivo llaman al sastre de las mariposas para que lo resucite. Háganme caso, los recuerdos hermosos son fugaces como las ardillas, cada amor que termina es un cementerio de abrazos y Cavalo Morto es un lugar que no existe.
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