
Sono fortemente convinto che l’ultima immagine negli occhi del condannato a morte in qualche modo entri nella rosa dell’ultima del suo boia, di coloro che hanno deciso della sua morte, quando anche questi lasceranno questo mondo, se lo lasceranno.
La volpe e il riccio archilochei si chiuderanno dentro vesti più vaste o, forse, sarà la stessa pelliccia della volpe ad aguzzare ogni pelo e a chiudersi in una spirale, arricciandosi su di sé.
Del resto Gesù ci ha detto che solo amando i propri nemici si può assomigliare al Padre nostro che sta nei cieli, che non fa differenza tra buoni e cattivi, tra boia e condannati a morte.
Questa poesia vuole essere una preghiera per Anthony Boyd, perché tra poche ore non venga giustiziato in Alabama, e con lui messo a morte lo stesso mondo di chi lo ha condannato.
T. T.
Tomaso Tiddia
L’ultima immagine è una
gigantografia, senza limite.
Me lo suggerì il respiro
di una nuvola, la sua sfinge
inglese appollaiata sull’Europa
che si rapprese in una poltiglia
indecrittabile, per andare
in guerra senza dare nell’occhio.
Senza dubbio mi mostrava
chi vuole fotterti, che fa il piccolo,
mentre i leali sono i gagliardi.
Il loro enigma è: vienimi
a trovare dentro di te, tu hai
le chiavi, approfondisci,
cioè fatti largo, abbraccia,
vedrai se ti vorrai vedere
con gli occhi delle nuvole.
Ma non si diventa più grandi
col passare degli anni, piccolo
e grande si avvicendano,
si cambiano le vesti, si ride
come giganti sopra la paura
di volare alti sopra di sé,
piano piano, dicendo la verità.
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