La passione per la poesia, la cultura, l’arte, la musica, la ricerca e la conoscenza è amplificata dal piacere aggiuntivo della condivisione e del dono. Casa della poesia, la sua biblioteca, il sito, Potlatch, “la poesia della settimana”, sono luoghi, reali e/o virtuali nei quali questa “pratica poetica” si realizza. Diamo dunque vita alla rubrica “Rovisteria“, ripescando da vecchie riviste letterarie articoli, scritti, piccoli tesori che ci sembra importante riproporre e riportare all’attenzione di tutti coloro che seguono queste pagine. Proviamo così a portare frammenti della biblioteca fuori dalle mura di Casa della poesia.
A cento anni dalla nascita, ricordiamo Joseph Beuys (1921-1986), tra gli artisti più influenti e rivoluzionari del Novecento la cui poetica e pratica artistica hanno precorso temi e riflessioni oggi più che mai attuali: il rapporto tra essere umano e Natura, ecologia, pace, arte intesa come impegno sociale e ricerca spirituale. E lo facciamo recuperando in questa rubrica un vecchio articolo (Natura/Cultura, international magazine, aprile 1987) di quello che è stato un grande maestro ed amico, Pierre Restany. La foto di copertina è di Renato Corsini.
Pierre Restany (1930-2003) è stato un famoso ed attivissimo critico d’arte francese, riferimento costante con numerosi interventi, saggi, mostre e provocazioni intellettuali nel dibattito culturale e artistico della seconda metà del secolo. Nel 1981 inizia una collaborazione con Sergio Iagulli e Raffaella Marzano che confluisce in una serie di articoli su “Percorsi” ed eventi ed esposizioni. Nel 1985 fonda e dirige con Sergio Iagulli la rivista internazionale “Natura / Cultura”.
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PIERRE RESTANY
Beuys: La difesa della natura
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Può sembrare paradossale iniziare un’analisi descrittiva di un personaggio come Joseph Beuys adoperando il cliché dei verdi perché se verde era, cioè se la sua fede ecologica era senza dubbio uno degli elementi maggiori della sua visione strutturale dell’universo, e dunque una motivazione principale del linguaggio, Beuys era anzitutto un artista, un artista che sapeva occupare lo spazio tra l’ideologia e l’estetica, fra il linguaggio e la tecnica, fra il militantismo e l’immaginario. Questa definizione contrastante, binaria, del personaggio corrisponde alla verità dell’uomo e al grande esilio esito del lavoro.
La vita di Beuys è stata una vita travagliata come quella della sua generazione, giovani tedeschi che hanno fatto la guerra in extremis. pilota di un cacciabombardiere, durante gli anni quaranta, è stato abbattuto sul fronte russo e salvato da una tribù di tatari (i tartari di Dino Buzzati), che l’hanno curato delle ferite ricoprendolo di grasso vegetale e di una pesante coperta di feltro. Ecco la leggenda!
Non è a caso che dieci anni più tardi, curato, salvato, tornato in patria, finita la guerra, fatta l’Accademia, l’artista Beuys abbia fatto riferimento a questi elementi materiali per assicurare i fondamenti del suo vocabolario e della sua lessicologia espressiva. Nel caso Beuys, il personaggio e l’opera sono totalmente inseparabili, totalmente uniti nel modo osmotico più radicale.
Parlare di Beuys significa dunque parlare di una coscienza espressiva totalmente inserita nella realtà del suo tempo, realtà culturale, affettiva, emozionale, politica, economica. Il personaggio era la proiezione immediata di una coscienza artistica. L’artista Beuys era l’uomo Beuys, il cittadino Beuys, il militante Beuys, il paradossale Beuys: paradossale solamente in apparenza perché la struttura binaria della sua personalità ha ben presto fatto di lui un modello esemplare di cultura tedesca postbellica.
A parte la generosità del pensiero e la dimensione di ricca e calda inventiva che caratterizzava il suo pensiero poetico, Beuys ha rappresentato molto presto un simbolo vivente, una specie di manifesto in permanente progresso. La Germania del dopoguerra, la Germania del boom economico dopo la ricostruzione del paese, la Germania ricca e democratica in preda tutti fantasmi e a tutti ricordi colpevoli del suo passato immediato, questa Germania si è riconosciuta pienamente in Beuys, perché attraverso la sua opera, le sue principali manifestazioni, il suo partito anti partito o al di là dei partiti, la formazione della sua università libera, la sua concezione attiva dell’ecologia, le sue posizioni personali, grazie anche alla virtù del suo linguaggio, Beuys e diventato il modello del buon tedesco. Perché era socialista senza essere comunista, perché era anarchico senza essere terrorista, perché era un poeta che sapeva di strategie virgola di tattica e di realizzazione pratica.
La Germania virgola che viveva proprio sulla falsariga di un’identità binaria, dal momento in cui si è riconosciuta suscettibile di assumere un’identità nuova, quella della ricchezza e della democrazia, vedeva, nel fenomeno binario the Beuys, l’esaltazione dei suoi desideri, dei suoi sogni e quasi un valore terapeutico, un grande rimedio a tutti i mali o contro tutti i mali del passato.
Al di là delle sue connotazioni esistenziali e addirittura filosofiche, Beuys diviene il modello, un simbolo vivo per la Germania di oggi. Durante l’ultimo ventennio nessun artista vivente in Germania ha potuto come lui incarnare i valori umani mentali e sentimentali della Germania di oggi. Si può dire che il pubblico tedesco occidentale e magari orientale si ritrovi in Beuys perché egli rappresenta la problematica esistenziale del tedesco del dopoguerra. Beuys si è presentato ai suoi connazionali come un esempio di esorcismo morale e spirituale.
È proprio questa sorta dell’arte, poter assumere virgola non soltanto molti antidestini, ma anche ogni tanto un superdestino. E questo è stato il caso the Beuys. Adesso l’uomo è morto e ci ha lasciato in un certo senso in modo prematuro virgola in un altro senso forse no, perché aveva dato e detto tutto ciò che poteva dire e dare. La cosa importante è la mutazione trascendentale del personaggio attraverso lo sviluppo organico del linguaggio e dell’opera. L’opera diventa stile e lo stile destino, destino nel senso esemplare della parola punto
E così ogni intervento di Beuys ha preso una dimensione esemplare come la verifica di una nuova cultura tedesca in atto virgola in progresso e come un elemento di buona coscienza da passare al seguito della Germania contemporanea.
Certi scrittori tedeschi, certi cineasti hanno tentato di assumere questo tipo di funzione e di ruolo, ma nessuno ha potuto realizzare questa sintesi visiva e affettiva che è stato il successo e l’esito di Beuys. Perché Beuys aveva una dote, che è forse quella delle grandi anime dei grandi talenti, quella di poter raccontare la solitudine dell’essere, fissandone in condizioni spettacolari i limiti esistenziali punto
L’operazione “Il coyote” è molto significativa. Beuys ha viaggiato in aereo con un coyote, uno sciacallo selvatico del Midwest americano, della zona montagnosa delle Rocciose del Colorado (il coyote è anche emblematico della civiltà indiana) dalla Germania in America e dopo si è fatto rinchiudere in una camera con il coyote e ha vissuto con lui più di un mese avendo come solo elemento di difesa il suo famoso cappello e una coperta di feltro.
La storia di Beuys e del coyote è molto significativa del personaggio e credo che sia entrato molto presto nella leggenda dei suoi contemporanei perché aveva questa possibilità di identificare il linguaggio espressivo con l’uomo, con l’essere globale. La virtù globalizzante del linguaggio e della visione di Beuys è certamente l’elemento più affascinante della sua opera; e globalizzante è la virtù espressiva di Beuys quando fonda il Partito non partito, quando crea inventa l’Università Libera. I suoi messaggi liberatori, autocritici, attraverso segnali istituzionali, anche se fantasmi e commedie di istituzioni, sono molto significativi. Ricordo che circa otto anni fa, nella prima documenta curata da Schneckemburger, Beuys è stato invitato con Douglas Davis e Nam June Paik a fare una comunicazione mondiale via satellite e ha scelto proprio di parlare della virtù didattica dell’artista in seno al mondo istituzionale. Certamente il concetto di insegnamento visto da Beuys era molto più vicino alla performance concettuale che non alla programmazione scolastica, sono rimasto però sempre colpito da questo fatto che corrisponda a una struttura profonda del pensiero e anche a una volontà ti autodisciplina punto in questo senso Beuys rimarrà uno dei personaggi più importanti della seconda metà del nostro secolo, non come Duchamp o Ives Klein, lo rimarrà come uomo dell’impegno quotidiano, un uomo che rifiuta la distanza tra l’operato poetico e la vita quotidiana. Mistico lo era, ma non nella dimensione di Ives Klein, filosofo ironico lo era, ma non fino al punto estremo di Duchamp, egli si presenta invece come l’uomo di una cultura umanistica travagliata, sofferta e che tenta di ritrovare la via del sole, cioè della propria giustificazione, senza dimenticare gli errori del passato però rifiutando di essere un’eterna vittima. In fin dei conti il messaggio di Boys è un messaggio di speranza e di speranza umana.
La difesa della natura
La natura nell’opera e nella visione di Beuys è un concetto doppio. Prima si presenta come un fatto tangibile e naturale; la natura la è minacciata dall’uomo e viene difesa come habitat, come ambiente unico, necessario. Dunque esiste un circuito logico di pensiero negli interventi di Beuys in difesa della natura, ma nello stesso tempo, in questi interventi, sto pensando agli alberi rappresentati in lingotti di porfido che lui presentò all’ultima Documenta e in diverse altre sedi di mostre, la natura è anche un simbolo globalizzante. E per tornare al concetto di globalizzazione: non è a caso che Beuys abbia questo tipo di approccio verso la natura; la natura e la proiezione dell’individuo in un superterreno di autoespressività, in poche parole la natura è come il non essere collettivo di tutti gli individui responsabili, coscienti e sensibili. La natura esprime le nostre volontà virtuale di affrontare l’aleatorio, l’incontro poetico, tutte le possibilità in determinate della nostra avventura esistenziale. La natura non è soltanto un serbatoio di ossigeno fisico virgola e anche un serbatoio di ossigeno mentale e morale. È la natura che ci fa diventare liberi, ma liberi nel pensiero, libere di agire di creare, dunque la difesa della natura rappresenta per Beuys la metafora per eccellenza della difesa della libertà dello spirito. E in questo senso il suo atteggiamento si situa molto al di là della protesta ecologica anche se lui ha sempre avuto per i verdi del suo paese e per i movimenti ecologici in generale una simpatia attiva e anche militante. Il suo senso della natura aveva però questa doppia dimensione che interviene in ogni momento importante della sua carriera. Vedere la natura come Beuys non è vederla come ogni altra persona, è vederla piuttosto come un Newton o un Einstein dell’ecologia, o dal patto naturale, cioè come una globalità di pensiero, attivo o autoregolato. La metafora è in questo senso totale, e la natura è per Beuys cultura nel senso più profondo e più esatto della parola.
Pierre Restany
NATURA/ CULTURA, international magazine, aprile 1987.
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