Anna Varese è nata a Napoli il 12 maggio 1998. Laureanda in Lingue e Culture Comparate all’Università degli studi di Napoli “L’Orientale”.
Quando si pensa alla letteratura araba del ’900, in particolare alle grandi voci della poesia araba che attraverso i loro versi hanno portato avanti delle vere proprie lotte in nome degli ideali nei quali credevano, non si può non pensare a Fadwà Ṭūqān (1917-2003). Tra le poetesse più conosciute del XX secolo, Fadwà ha espresso il dramma palestinese con intensità e partecipazione.
Nata nel 1917 a Nablus in una famiglia conservatrice, a soli tredici anni fu costretta a interrompere il suo percorso formativo per aver ricevuto un fiore da un ragazzo1. Inizia così il suo confinamento tra le mura di casa ma, sarà la presenza del fratello Ibrāhīm (1905-1941), noto scrittore militante, a farle conoscere la poesia e a farle da maestro. A lui dedicherà l’opera Šaqīqī Ibrāhīm (Mio fratello Ibrāhīm) nel 1946.
Nonostante Fadwà Ṭūqān sia molto nota per i versi dedicati alla Palestina, è importante ricordare anche le sue prime raccolte come Waḥdī ma‘a ’l-ayyām (Sola con i giorni), pubblicata nel 1955, in cui esprime in versi la sofferenza e la solitudine. Eppure, anche in queste prime opere non mancano riferimenti alla guerra del 1948; proprio l’anno in cui muore il padre che l’ha sempre tenuta sotto stretto controllo. Come ci ricorda Simone Sibilio: “Il 1948 rappresenta il primo imponente luogo di memoria traumatica per il popolo palestinese, sito di un intraducibile terrore: in quanto momento di sradicamento violento e dispersione irrimediabile nello spazio e nel tempo”.2
Nel 1967 Fadwà Ṭūqān si rivolge ai giovani, parla dell’insofferenza dell’occupazione della volontà di non fermarsi, di continuare a credere e a ribellarsi a chiunque limiti la libertà: “Ma una come me, a vostro dispetto, resterà sempre figlia della natura e della vita. Io canterò sempre, anche schiacciata dai vincoli, i canti e gli aneliti dell’anima mia.”3 A ricordarle la sua natura sarà anche il più noto poeta palestinese Maḥmūd Darwīš (1941-2008) che, in risposta ad una sua composizione, le dirà che loro due, da vent’anni, non scrivono poesie ma combattono attraverso la parola.
Al-Layl wa’l-fursān (La notte e i cavalieri)4 sarà la sua quinta raccolta, edita nel 1969. Sono trascorsi solo due anni dall’occupazione di Nablus e Fadwà esprime attraverso la poesia la rabbia e la frustrazione di questa condizione. Sono grido di lotta, speranza di un futuro diverso, sogno di libertà ed emancipazione. I suoi versi sono così forti che il generale Moshé Dayan non esitò a dire che: “arrecava più danno a Israele una poesia di Fadwà Ṭūqān che dieci attentati”.5
Alla Fadwà di battaglia e di lotta si accosta e si amalgama quella caratterizzata da dolcezza ed estrema sensibilità, amore e sentimento: “Ero nel mondo errabondo quesito dalla risposta smarrita nella densa tenebra”.6 Così fu per i versi composti dopo l’incontro con Salvatore Quasimodo (1901-1968) Lan abī‘a ḥubbahu (Non venderò il suo amore): “Io, o poeta, nella mia cara patria ho un innamorato che aspetta il mio ritorno. È del mio paese e tutte le ricchezze del mondo, le stelle luminose e la luna non mi faranno mai perdere il suo cuore o vendere il suo dolce amore”.7
Che scriva d’amore o lotti per la sua Terra, Fadwà Ṭūqān arriva sempre al cuore, i suoi versi giungono anche a chi il dramma palestinese non l’ha mai vissuto, la sua sofferenza e quella del suo popolo si sentono con chiarezza.
Nel 2003 si spegne Fadwà Ṭūqān, a Nablus, la città in cui era nata. Nonostante i tanti viaggi non lascerà mai la Palestina e di Lei scriverà fino alla morte. Attraverso le sue poesie ha fatto conoscere la sofferenza di una donna e del suo popolo che, pur avendo perso ogni cosa, non si è mai fatto spezzare dalle circostanze. A venti anni dalla sua morte i suoi scritti sono sempre attuali; mi piacerebbe concludere riprendendo un suo verso come speranza, come augurio: L’albero si solleverà, torneranno gli uccelli, dovranno tornare, torneranno!
IL DILUVIO E L’ALBERO
Il giorno dell’uragano diabolico infuriò e si diffuse
il giorno del diluvio nero
rive selvagge lo respinsero
sulla buona, verde terra.
Gridarono, e attraverso cieli occidentali ripeterono
dando eco alla loro lieta novella:8
L’albero è caduto!
Il tronco gigante si è spezzato, non hanno lasciato
le tempeste
che resti di vita d’albero!
*
Ma l’albero è veramente caduto?
Perdono per i nostri rossi ruscelli
perdono per le radici dissetate
dal vino versato dai cadaveri
perdono per le radici arabe
che penetrano come rocce profonde
e si estendono lontano in profondità.
*
L’albero si solleverà
l’albero e i rami si solleveranno
saliranno risate
in direzione del sole
e torneranno gli uccelli
dovranno tornare
torneranno gli uccelli
torneranno.
الطوفان والشجرة
يوم الإعصار الشيطانيّ طغى وامتدّ
يوم الطوفان الأسود
لفظته سواحل همجيّة
للأرض الطيّبة الخضراء
هتفوا، ومضت عبر الأجواء الغربية
تتصادى بالبشرى الأنباء
هوت الشجرة
والجذع الطّود تحطّم، لم تبق
الأنواء
باقيةً تحياها الشجرة
*
هوت الشجرة؟
عفو جداولنا الحمراء
عفو جذورٍ مرتويه
بنبيذٍ سفحته الأشلاء
عفو جذورٍ عربيّة
توغل كصخور الأعماق
وتمدّ بعيداً في الأعماق
*
ستقوم الشجرة
ستقوم الشجرة والأغصان
ستنمو ضحكات الشجرة
في وجه الشّمس
وسيأتي الطير
لا بد سيأتي الطير
سيأتي الطير
سيأتي الطير
PER SEMPRE VIVO
Mio amato Paese, no, non importa come ti volti
sei nel labirinto dell’ingiustizia
macina di sofferenza e dolore
non potranno, o nostro amato,
cavarti gli occhi,
uccidere sogni e speranza
crocifiggere la libertà di costruire e lavorare
rubare le risate dei nostri bambini
distruggere, bruciare, e dalla nostra infelicità
dalla nostra grande tristezza, dalla viscosità
del sangue sui nostri muri
dai tremiti di morte e di vita
diffonderai di nuovo l’esistenza in te
o nostra profonda ferita, nostra sofferenza
nostro unico amore.
حيّ أبدا
يا وطني الحبيب لا، مهما تدر
عليك في متاهة الظلم
طاحونة العذاب والألم
لن يستطيعوا يا حبيبنا
أن يفقأوا عينيك، لن
ليقتلوا لأحلام والأمل
و ليصلبوا حرية البناء والعمل
ليسرقوا الضحكات من أطفالنا
ليهدموا ، ليحرقوا، فمن شقائنا
من حزننا الكبير، من لزوجة –
الدماء في جدراننا
من اختلاج الموت والحياة
ستبعث الحياة فيك من جديد
يا جرحنا العميق أنت يا عذابنا
يا حبنا الوحيد
MI BASTA…
Mi basta spegnermi nella sua terra
essere sotterrata in essa
dissolvermi e svanire nel suo terreno
rinascere erba sulla sua terra
rinascere fiore
sfogliato da mano di bambino cresciuto dal mio Paese
mi basta restare nel petto del mio Paese
come polvere
come erba
come fiore9
كفاني أظل بحضنها
كفاني أموت على أرضها
وأدفن فيها
وتحت ثراها أذوب وأفنى
وأبعث عشبا على أرضها
وأبعث زهرة
تعيث بها كف طفل نمته بلادي
كفاني أظل بحضن بلادي
ترابا
وعشبا
وزهرة
1. The Encyclopedia of Arabic Literature, p. 785.
2. Sibilio, S., Nakba. La memoria letteraria della catastrofe palestinese, p. 46.
3. Camera d’Afflitto, I, Cento anni di cultura palestinese, p. 97.
4. Da questa raccolta sono tratte le poesie tradotte di seguito. Ṭūqān Fadwà, Al-Layl wa’l-fursān, pp. 16, 20, 102.
5. Canova, G., “Due poetesse: Fadwà Ṭūqān e Salmà ’l-Khaḍrā’ al-Ǧayyūsī”, p. 880.
6. Corrao, F.M., In un mondo senza cielo, p. 61.
7. Canova, G., “Due poetesse: Fadwà Ṭūqān e Salmà ’l-Khaḍrā’ al-Ǧayyūsī”, p. 879.
8. Lettura legata al momento storico in cui è stata stata composta.
9. Ṭūqān, Fadwà, Al-Layl wa’l-fursān, p. 102. Traduzione di Varese Anna. Cfr. trad. “Mi basta”, di F. Corrao, In un mondo senza cielo, p. 79.
Bibliografia
• The Routledge Encyclopedia of Arabic Literature, ed. J.S. Meisami, P. Starkey, Routledge, London and New York, 1998.
• Arab Women Writers, a Critical Reference Guide 1873-1999, ed. R. Ashour, F.J. Ghazoul, Hasna Reda-Mekdashi, The American University in Cairo Press, Cairo, New York, 2008.
• Camera d’Afflitto, I, Cento anni di cultura palestinese, Carocci, Roma 2007.
• Canova, G., “Due poetesse: Fadwà Ṭūqān e Salmà ’l-Khaḍrā’ al-Ǧayyūsī”, Oriente Moderno, nr. 10 (1973), pp. 876-893.
• Corrao, F.M., In un mondo senza cielo, Giunti, Firenze, 2007.
• Sibilio, S. Nakba. La memoria letteraria della catastrofe palestinese, Edizioni Q, Città di Castello, 2013.
• Ṭūqān Fadwà, Al-Layl wa’l-fursān, Dār al-Ādāb, Bayrūt, 1969.
La foto di copertina è di Mohamd Y Obaid.
Un ringraziamento speciale alla Prof.ssa Oriana Capezio per tutti i suoi consigli e per il tempo che mi ha dedicato.
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