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Damiana De Gennaro: Giocattoli tristi. I diari poetici di Ishikawa Takuboku. (2).

Damiana De Gennaro è nata a Vico Equense nel 1995. È laureanda in ​Letterature e Culture comparate presso l’Università di Napoli “L’Orientale”. Ha trascorso un anno in scambio presso l’Università Tōhoku, in Giappone. Ha pubblicato ​Aspettare la rugiada ​(Raffaelli, 2017) e ​Shibuya Crossing ​(Interno Poesia, 2019; premio Ceppo Pistoia sezione Under 35, 2021). È inclusa in diverse antologie, tra cui: ​Poeti italiani nati negli anni ’80 e ’90. Vol. I ​(Interno Poesia, 2019), Abitare la parola. Poeti nati negli Anni Novanta ​(Ladolfi, 2019), Versi Vegetali (Homo Scrivens, 2021). Alcune poesie tradotte in spagnolo compaiono su Cuaderno de traducción. Veinte voces de la poesía italiana contemporánea (1949-2001), (Colecion Anverso, 2021).

La poesia deve essere un diario onesto:
un insieme di frammenti senza unità.

da “Poesie da mangiare” di Ishikawa Takuboku

*

In un articolo apparso sul quotidiano Asahi Shinbun nel dicembre del 1910, l’allora ventiquattrenne Ishikawa Takuboku (1886-1912) scriveva che, a suo avviso, i poeti di tanka dovevano sentirsi liberi di oltrepassare le trentuno sillabe prescritte dalla tradizione. Aggiungeva che il contenuto dei versi non doveva essere vincolato a un gruppo ristretto di argomenti. Nel passaggio successivo, il poeta apriva al lettore uno spaccato sul proprio mondo interiore, confidando che i tanka, per lui, non erano altro che giocattoli tristi.

Takuboku era nato il 20 febbraio del 1886, nella zona nord est di Iwate. Da bambino era stato uno studente modello, ma crescendo trascurò il suo rendimento scolastico per inseguire due passioni: l’amore e la poesia. Essendo stato sorpreso mentre imbrogliava durante un esame, lasciò le scuole medie senza diplomarsi. Questo evento lo spinse a perseguire le sue passioni ancora più deliberatamente, e riscosse anche diversi consensi. Quando aveva sedici anni, alcuni dei suoi tanka furono pubblicati su varie testate, tra cui la celebre rivista Myōjō. A diciannove anni sposò Horiai Setsuko, la ragazza che per lungo tempo era stata la sua fidanzata. Nel 1904, tuttavia, iniziò un periodo turbolento nella sua vita.

Suo padre, un sacerdote Zen, fu allontanato dalla sua cerchia per essere venuto meno a dei pagamenti alla sede centrale della sua setta. Cercando di contribuire alle finanze familiari, il giovane Takuboku fece diversi lavoretti in rapida successione, spostandosi da Iwate prima in Hokkaido e poi a Tokyo, lasciando alle spalle la sua famiglia. Nessun lavoro durò molto a lungo, perché la sua personalità intensa lo portava a scontrarsi spesso con i suoi colleghi. Anche se non gli permetteva di sopravvivere, la poesia era la sua unica consolazione. Provò a cimentarsi con la prosa, con pessimi risultati. Impoverito e adirato nei confronti della società, gradualmente sviluppò un interesse per il socialismo. Nel 1911, insieme a un amico progettò di fondare una rivista di sinistra, ma la malattia gli impedì di realizzare l’idea. Il resto della sua vita fu ostacolato dalla malattia, dalla povertà, dai problemi con la moglie, litigi con amici e parenti, la sparizione del padre e la morte della madre. La sofferenza finì quando morì di tubercolosi il 13 aprile del 1912. Aveva scritto due libri: Ichiaku no suna – Una mano piena di sabbia, pubblicato nel 1919, e Kanashiki gangu, Giocattoli tristi, che fu pubblicato due mesi dopo la sua morte.

Si dice che Takuboku sia nato poeta romantico, sia cresciuto come scritture naturalista, e sia infine morto da socialista. Da adolescente era stato un sognatore in cerca di una via d’uscita dai dettami della società contemporanea, ma presto circostanze esterne lo immersero in una dimensione mondana. Quando scoprì le molte disuguaglianze insite nella società, iniziò a desiderare di riformarla. La sua poesia registra questa attitudine al cambiamento, e anche il suo concetto di poesia cambiò allo stesso modo. Durante l’adolescenza nutrì eccessive aspettative dalla poesia, che, nel processo della crescita, gradualmente svanirono. Disilluso, divenne sempre più critico, a volte addirittura provando un piacere sadico nel dirottarla dai binari tradizionali. Le poesie diventavano così giocattoli tristi, passatempi per chi aveva frainteso il significato della vita. Nessun grande poeta giapponese aveva raggiunto una tale conclusione prima, e in questa visione risiede il significato dell’istanza poetica di Takuboku.

Confessò a un amico: “Per me, ogni giorno speso a scrivere tanka è un giorno infelice. È completamente guastato, come se avessi impiegato ventiquattro ore senza trovare altra soddisfazione oltre quella di fissare la mia stessa nudità. Come sai, sono un poeta. Francamente, però, preferirei non avere alcun bisogno di scrivere poesie”. Per Takuboku, in questo senso, le poesie erano giocattoli a cui tornare ogni qualvolta la vita fosse una fonte di frustrazione.

Fu solo dopo la morte, avvenuta quando Takuboku aveva ventisei anni, che guadagnò una grande fama come poeta, attirando molti lettori delle successive generazioni. Dai sedici anni in su, Takuboku tenne diari in modo più o meno intermittente. Quando seppe che stava per morire, chiese a sua moglie di bruciarli tutti, ma lei non lo fece. L’anno seguente morì anche lei. Con la crescita postuma della sua notorietà, anche le richieste di pubblicazione dei diari si fecero più insistenti. Dopo accesi dibattiti, questi furono dati alle stampe nel 1954. Per un autore di tanka, la differenza tra vita e arte è piuttosto sottile, ma, nel caso di Takuboku, questa era del tutto inesistente. In uno dei suoi saggi più celebri, “Poesie da mangiare” (1909), scriveva: “A differenza di un ministro che raccoglie materiale per un sermone o un passante che cerca un determinato tipo di uomo, un poeta non deve mai scrivere in maniera premeditata. La poesia deve essere un diario onesto: un insieme di frammenti senza unità”.

戯れに母を背負いて
そのあまり軽きに泣きて
さんぽ歩まず  
per scherzo
sollevo mia madre sulle spalle
è così leggera
che inizio a piangere
dopo tre passi  
働けど
働けどなお我が暮し楽にならざり
じっと手を見る    
lavoro
e lavoro ma la mia vita
non diventa mai
più semplice –
guardo le mie mani
 過ちて茶碗を壊し
ものを壊す気持ちの良さを 今朝も思える  
avendo rotto
per sbaglio una ciotola da tè
penso al bene di rompere
le cose anche stamattina  
 新しきサラダの色の
嬉しさに
箸取り上げてみはみつれども    
il colore dell’insalata
è così fresco da farmi
vacillare –
le bacchette ancora
tra le mani
やや遠きものに思いし
テロリストの悲しき心も
近づくひのあり
avevo sempre pensato
lontana da me la tristezza
di un terrorista –
la sento
avvicinarsi  

Bibliografia:

  • Ueda, Makoto, Modern Japanese Poets and the Nature of Literature, Stanford, Stanford University Press, 1983.
  • Ueda, Makoto, Modern Japanese Tanka: An Anthology, New York, Columbia University Press, 1996.
  • Sanford, Goldstein; Seishi, Shinoda, Sad toys di Takuboku Ishikawa, Indiana, Purdue University Press, 1977.
  • Sesar, Carl, Takuboku: Poems to Eat, Tōkyō, Japan and Palo Alto, U.S.A, Kodansha International, 1966.
  • Capponcelli, Luca, Nihon Kindaishi no Hatten Katei no Kenkyū. Yosano Akiko, Ishikawa Takuboku, Hagiwara Sakutarō wo chūshin ni, Tōkyō, Kanrinshobō, 2018.
Feb 20, 2022Sguardo Orientale
Jack Hirschman da "L'Arcano di Shupsl"Juan Vicente Piqueras su José Hierro.

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3 years ago Sguardo OrientaleDamiana De Gennaro, Ishikawa Takuboku, Poesia giapponese, Sguardo Orientale585
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