Martina Scalise nasce il 25 marzo 1999 a Soveria Mannelli (CZ) e vive a Lamezia Terme. Frequenta l’Università L’Orientale di Napoli e, attualmente, è laureanda in Lingue e Culture Comparate.
Fin dall’inizio della nostra corrispondenza per e-mail, Tarek Eltayeb dimostra una disponibilità assolutamente spiazzante, accompagnata dal genuino interesse per il mio lavoro di traduzione delle sue poesie. Il sorriso col quale mi saluta durante la nostra intervista conferma quella prima impressione che le sue parole mi avevano trasmesso e rivela tutta la sua gentilezza: iniziamo a chiacchierare e ogni tipo di tensione si scioglie; poter parlare con lui si rivela essere un enorme piacere, oltre che un grande onore.
So che lei scrive sia in tedesco che in arabo, ma, nei suoi scritti, cosa la porta a prediligere una lingua rispetto all’altra?
Tendo a preferire l’arabo quando mi occupo di letteratura, quindi, per esempio, quando mi dedico alla stesura di racconti e romanzi, mentre per gli articoli o testi scientifici inerenti all’ambito universitario utilizzo senza problemi il tedesco. Un articolo può essere scritto, ricontrollato e migliorato, ma la letteratura ha bisogno di spontaneità e, quando scrivo in tedesco, mi trovo sempre a riflettere sulla grammatica e sulle varie regole. Ovviamente ciò non accade quando utilizzo l’arabo, quindi lo prediligo per i miei scritti letterari.
Dopo aver composto un testo in arabo è sempre lei che si occupa della sua resa in tedesco? O preferisce affidarsi ad un traduttore?
Preferisco che un traduttore si occupi della resa in tedesco di ciò che scrivo in arabo. Tendo a lasciare che un parlante nativo si occupi della traduzione: mia moglie (è austriaca NdT), che conosce anche l’arabo, si occupa delle traduzioni in tedesco, con la mia collaborazione. Il mio aiuto si può estendere anche quando parliamo di traduzioni in inglese, ma per le altre lingue non posso d’essere d’aiuto. In generale però preferisco che il lavoro venga svolto da chi è madrelingua.
Cos’è, per lei, fonte di ispirazione?
Credo che sia soprattutto ciò che riguarda due sensi in particolare: la vista e l’udito. Mi lascio ispirare molto dalla natura, dall’osservazione di ciò che mi circonda: come si comportano le persone, animali, come una pianta viene mossa dal vento… Naturalmente anche la letteratura è un’importante fonte di ispirazione, così come ciò che leggo e i film che guardo. Molto viene anche dagli anni della mia gioventù, soprattutto il periodo della mia infanzia che emerge spesso nei miei scritti.
Lei vive a Vienna da molti anni (dal 1984 NdT), crede che questo trasferimento abbia influito sulle sue opere? Se sì, in che modo?
Essendo nato e cresciuto al Cairo, quando sono arrivato a Vienna – il volo dall’Africa all’Europa sarà durato cinque, sei ore – ho avuto uno shock; anzi, dei forti shock. Il primo per via del tempo: io sono arrivato a Vienna nel mese di gennaio e in città c’era davvero un forte freddo; il secondo shock è legato alla lingua, perché io non conoscevo il tedesco e quindi non capivo nemmeno una parola quando le persone si rivolgevano a me, né tantomeno riuscivo a comprendere ciò che leggevo; il terzo shock è stato constatare quanto fosse costosa per me la vita nella capitale. Questi shock furono senza dubbio molto forti per me, ma anche la consapevolezza di quanto fossero lontani la mia famiglia e i mie amici. A differenza di oggi, allora non c’erano e-mail, Facebook o altri social per rimanere in contatto, quindi io riuscivo a sentirli solo al telefono, ma era molto costoso e io riuscivo a guadagnare abbastanza soldi per telefonare loro una volta ogni due settimane circa. Usavo le cabine telefoniche che si trovavano lungo le strade della città e spendevo molti soldi per sentirli. Questa grande distanza ha avuto un forte impatto su di me e la scrittura si è rivelata essere una terapia per me: ho iniziato, così, a scrivere della mia famiglia, dei miei amici, degli ambienti della mia infanzia e giovinezza.
Stagioni di una palma trapiantata
Ero primavera,
quando atterrai a Vienna,
nella mia testa
ero una palma trapiantata.
In due anni i suoi germogli
divennero foglie.
Arrivò l’autunno
e raccolse insieme le sue cose.
Però io avevo già raccolto
prima di lui le foglie,
che mi erano cadute dalla testa.
Io le nascosi
per il mio sonno e le mie guance.
Nel sogno erano una palma,
nella veglia un cuscino.
Io sono diventato estate.
Sotto il peso della mia testa
le ho sentite frusciare.
Mi hanno bisbigliato all’orecchio i miei sogni.
E ho iniziato
a temere l’inverno.
Jahreszeiten einer verpflanzten Palme
Ich war Frühling,
als ich in Wien landete,
in meinem Kopf
eine verpflanzte Palme.
Ihre Triebe sind in zwei Jahren
Blätter geworden.
Der Herbst kam
und packte sein Hab und Gut zusammen.
Doch ich hatte bereits vor ihm
das Laub aufgesammelt,
das mir vom Kopf gefallen war.
Ich versteckte es
für meinen Schlaf und meine Wangen.
Im Traum war es eine Palme,
im Wachsein ein Polster.
Ich bin Sommer geworden.
Unter dem Druck meines Kopfs
höre ich es rascheln.
Es flüstert ins Ohr meiner Träume.
Und ich habe begonnen,
mich vor dem Winter zu fürchten.
Tornava spesso in Egitto?
Sono ritornato per la prima volta in Egitto dopo circa tre anni e mezzo dal mio trasferimento a Vienna, perché avevo bisogno di mettere da parte abbastanza soldi per il volo. Ora riesco a tornare almeno una volta all’anno, anche due, lì. La mia famiglia non è mai venuta qui, ad eccezione di mio padre, che è riuscito a venire a Vienna una volta, e di mio fratello che ha anche vissuto qui per un breve periodo.
Il lockdown ha avuto qualche effetto sulla sua scrittura?
Solitamente preferisco prendermi del tempo per focalizzare l’idea bene in testa e solo dopo la metto su carta e la scrivo. Nel mio ultimo romanzo, che uscirà fra circa tre mesi, ho scritto qualcosa sul lockdown, ma indirettamente. Ho iniziato a scrivere prima dell’inizio della pandemia, ma lo sviluppo dell’idea è durato a lungo, quindi quando siamo entrati in lockdown causa Covid-19 avevo scritto solo qualche scena. Nel romanzo si affronta il tema della solitudine, perché viene descritta la situazione di una persona che si ritrova da sola a Vienna, dove non c’è nessun altro essere umano. Questo è ciò che avevo scritto prima del lockdown e quando mi sono ritrovato a vedere la città deserta, senza nessuno in giro, è stato positivo per ciò che volevo scrivere: avevo l’immagine reale di ciò che portavo su carta. Credo anche di aver scritto di più negli ultimi tempi, rispetto a prima. Attualmente mi trovo in campagna, non a Vienna, perché qui abbiamo una casa nella quale ci rechiamo circa ogni due settimane. È un ambiente molto piacevole in cui stare e riesco a scrivere molto. Ultimamente le mie opere si focalizzano soprattutto sulla natura – i fenomeni atmosferici, i fiori, gli animali… – perché mi rapporto molto con essa. Vedo più natura che umani (Eltayeb ride NdT) e poi non sono il tipo a cui piace utilizzare tanto il telefono, certe volte uso Whatsapp o Messenger, ma non altro. Preferisco sedermi con qualcuno e chiacchierare, soprattutto nelle Kaffeehaus1; a Vienna ce ne sono molte, come Raimund Café, e io ci vado almeno tre volte alla settimana. E poi scrivo davvero molto volentieri in questi ambienti, mi siedo ed inizio a scrivere. Le Kaffeehaus sono meravigliose a Vienna.
Il bel rumore
Il bel rumore,
che noi mettevamo in scena
sempre insieme
nel Caffè
con grandi risate,
sarà da oggi solo
nella mia testa.
Io ancora mi sforzo
di tradurlo
per farlo scorrere da destra a sinistra.
Der schöne Lärm
Der schöne Lärm,
den wir immer
gemeinsam aufführten
im Café
mit lautem Lachen,
wird ab heute nur mehr
in meinem Kopf sein.
Ich mühe mich noch immer damit ab,
ihn zu übersetzen,
damit er von rechts nach links läuft.
1 Le Kaffeehaus non sono semplici caffetterie, bensì vere e proprie istituzioni a Vienna, particolarmente importanti sia a livello sociale, ma soprattutto nel contesto culturale e letterario, in quanto punti di incontro per intellettuali, scrittori e artisti. La Commissione austriaca dell’UNESCO le ha definite luogo “dove si consumano il tempo e lo spazio, ma solo il caffè compare sul conto”. (fonte: Wikipedia https://de.wikipedia.org/wiki/Wiener_Kaffeehaus )
Un sentito ringraziamento a Tarek Eltayeb per avermi dato l’opportunità di intervistarlo e alla docente Silvia Palermo per la disponibilità nel supervisionare le mie traduzioni.
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