D’Arcy McNickle (1904-1977) scrittore, storico, attivista, responsabile dl progetti per le comunità native, professore universitario, sostenitore dei diritti dei nativi americani, è considerato tra i fondatori della moderna letteratura dei nativi americani.
Mentre cavalcava la sua cavalla grigia a galoppo sfrenato nella polvere dell’estate, Brinder Mather rimuginava su un pensiero che non riusciva tuttavia a mettere a fuoco.
Anche la cavalla lavorava, il passo diventava sempre più pesante mano a mano che la sabbia si infilava negli zoccoli; ma ad ogni tentativo di portare il passo al trotto, c’era la puntura della punta di uno sperone, uno spasmo nelle reni. Era sempre così con il cavaliere.
«Continua a correre! Guadagnati il pasto, testa di martello!»
Brinder diceva sempre che i suoi cavalli non si guadagnavano il pane. Eppure era il più forte cavaliere nel paese.
Avendo questi sentimenti nei confronti dei cavalli, aveva naturalmente dubbi sugli Indiani. E doveva lavorarci con gli Indiani. Era il loro sovrintendente….una balia per la loro impotenza, era quello che pensava a volte.
Era quasi il tramonto. Lo specchio verso est del cielo rifletteva fiamme arancia e cremisi contrastando i cieli prismatici. Era dopo cena, dopo una dura giornata all’ufficio dell’Agenzia, e Brinder era ansioso di portare a termine il suo compito e tornare a casa a riposarsi. Il calore del giorno lo aveva logorato. Il pensiero che stava eleborando fu formulato in parole, a voce alta.
«Sono stati a scherzarci sopra per un mese intero, più di un mese, e ancora non so dire cosa faranno. Devo farla finita in qualche modo. O portarla a termine o lasciar perdere. Glielo dirò. Prendere o lasciare…»
Avanti, un’altro miglio, vide la scuola bianca, le finestre risplendenti del sole della sera. Si chiedeva se quelli che aveva convocato sarebbero stati presenti, se tutti loro sarebbero stati là. Un’adunanza completa sarebbe stata sintomo di interesse. Poteva avere più coraggio se li avesse visti lì tutti insieme.
Man mano che si avvicinava , vide che un gruppo stava fuori in attesa. Cercò di stimarne il numero…dodici o quindici. Altri stavano arrivando. C’erano altri uomini a cavallo che arrivvavano da lontano da altre strade. Il viso severo arrossato dal sole si rilassò. Per il momento era soddisfatto. Aveva convocato l’intero Consiglio Tribale dei venti, e evidentemente ci sarebbero stati tutti. Bene!
Per la prima volta dalle tre miglia dall’Agenzia lasciò che il cavallo rallentasse.
* * *
«Salve ragazzi. Siete venuti tutti stasera? Andiamo dentro.»
Camminò a grandi passi, alto e dignitoso, attraverso il gruppo.
Sorrisero alle sue parole, senza dire nulla. Uno aad uno lo seguirono nell’aula. Lui cercava sempre di cominciare le cose in grande fretta; loro restavano sempre indietro. Era uno schema familiare. Camminò fino alla cattedra e sistemò davanti a lui un fascio di fogli che aveva portato in una grossa busta.
Dopo cinque anni uno doveva pur aver imparato qualcosa sugli Indiani. Anche se al primo impiego come sovrintendeente di una Riserva, cinque anni erano un buon tirocinio.
La cosa più importante, la prima cosa da imparare, era non lasciarsi impastoiare. Ci avrebbero provato sempre se glielo lasciavi fare. Ad ogni nuova idea dicevano, «Parliamone» o «Dacci tempo. Ci penseremo.» Dovevi sapere quando tagliare corto. Assicurarsi il successo o lasciar perdere. Prendeere o lasciare.
Non si rendeva conto che all’inizio, aveva lasciato che questi pazzi Indiani di Montagna lo avevano bloccato per molto tempo prima che cominciasse ad ottenere risultati. Era arrivato da loro con una semplice idea e solo ora, dopo cinque anni, stava cominciando a funzionare.
Mandrie… questa era l’idea. Mandrie di buoi. Provviste vive. Buoni tori. Battute a cavallo per radunare il bestiame in autunno. La spedizione verso Est. Profitti in contante. Solo con un linguaggio così semplice era riuscito alla fine a fargli vedere qual’era il suo punto divista. Aveva una speciale predilezione per le mandrie. Era cominciato molto prima che avesse mai visto un Indiano, a casa nello Stato di New York. L’infanzia passata a leggere di grandi cavalcate e battute di caccia sui percorsi del bestiame…era cominciato così. Poi, nel suo primo lavoro nel Servizio Indiano, aveva lavorato alle dipendenze di testardo scozzese il cui curriculum come mandriano era imbattibile. Da lui aveva imparato il vangelo. Aveva imparato a parlare il lingo.
«Gli Indiani non sanno, e per di più se ne infischiano, trascinare i piedi dietro un aratro. Non credere che li condanni. Gli Indiani andranno sempre a cavallo. Sono nati per quello. Ese devono andare a cavallo, potrebbero benissimo cavalcare per pascolare un branco di manzi. Frutta danaro.»
La metteva così, seguendo i suoi predecessori scozzesi. Lo diceva agli Indiani, agli ufficiali di Washington, e a chiunque riuscisse ad attaccar bottone per pochi minuti. Era una verità assoluta. Era l’appropriazione di danaro dal Congresso per acquisto di bestiame. Si guadagnò note lusinghiere da certi visitatori che stavano sempre in giro a preoccuparsi del benessere degli Indiani. Alla fine, l’aveva avuta vinta sugli Indiani. Avrebbe dovuto funzionare prima.
Il punto era proprio quello, non farsi bloccare da loro. Dopo cinque anni aveva imparato la sua lezione. Portare al successo o lasciar perdere.
Si era tolto il cappello a larga tesa da mandriano e l’aveva appoggiato sulla cattedra accanto ai fogli. Il cappello era parte della fede. Esaminò l’aspetto degli Indiani muti, pensosi che odoravano di pelle di daino, alcuni si sporgevano in avanti, tenendo i grandi cappelli fra le ginocchia; altri, con il cappello in testa, fumavano silenziosi.
Doveva avere successo, voleva che facessero questa cosa. Doveva farlo ora, stasera, oppure lasciar perdere. Questo aveva concluso.
«Penso che voi amici avete imparato molto da quando sono qui. Apprezzo molto il modo in cui cooperate con me. A volte è un pò difficile chiarire le cose, ma una volta che vedete che è bene per voi, siete tutti d’accordo. Questo mi piace.» Fece una pausa e si asciugò la fronte. La classe era un forno. La riunione avrebbe dovuto tenersi all’aperto – ma non importava.
«Nella nostra associazione di riserva, alleviamo il nostro bestiame tutti insieme negli stessi pascoli. Dividiamo i costi della manutenzione, delle battute a cavallo per radunare il bestiame e dell’acquisto dei tori da monta. Ogni volta che vendete un bue depositate una tassa di cinque dollari in un vaso, ed è questo che paga i conti. Questa è una delle cose che ho dovuto dirvi. All’inizio non avevate capito, ma poi, siete andati avanti. Oggi tutto questo frutta profitti.
«Non avete mai guadagnato tanto denaro prima nella vita. Il vostro bestiame è il migliore perchè i pascoli sono migliori. Abbiamo tori di prima qualità. E così ottenete prezzi migliori perchè potete contrattare con i compratori. Ma voi già sapete tutto questo. Sto solo ricordandovelo.»
Qualcuno tossì in fondo alla sala e Brinder, sempre in guardia, come i cowboys che combattono con i ladri di bestiame di cui amava tanto leggere, drizzò la schiena e guardò acutamente. Ma si trattava solo di tosse, ripetuta diverse volte – un’irritante, innocua tosse da sigarette. Nessun altro nella sala faceva un suono. Erano tutti assorti ad ascoltare il discorso di Brinder, o in ogni modo aspettavano che finisse di dire quello che aveva da dire.
«Abbiamo tuttavia un brutto difetto. Sapete a cosa mi riferisco, ma lo dirò lo stesso. In altre parole, amici, noi tutti sappiamo che ogni anno scompare un certo numero di capi di bestiame. Non perchè vengono presi dai lupi né perchè muoiono di cause naturali. Sono sempre buoi forti, grassi, di due o tre anni a scomparire, il tipo con cui i lupi non scherzano e che non muore di morte naturale. Non sto puntando il dito contro nessuno, ma voi tutti sapete come me che ci sono alcuni elementi nella Riserva che non meritano carne fresca, ma che la ottengono sempre. Sono troppo pigri o troppo stupidi, o semplicemente non sanno quello che fanno. Ma in ogni modo si procurano carne fresca.
«Voglio che voi ragazzi capiate una cosa. Cerchiamo di andare in fondo alla faccenda. Ogni volta che un bel bue grasso va a nutrire un qualche Slick Steve troppo pigro per guadagnarsi il suo cibo, qualcuno di voi perde circa settantacinque, ottanta dollari. É questo quello che perdete. Pensateci, ragazzi.»
Si diede da fare con i fogli sul tavolo, cercando una fila di figure: numero di capi di bestiame persi in cinque anni (stimati), il loro valore in danaro, a chiare cifre. Lanciò con violenza i fogli contro di loro.
«Alcuni di voi non si preoccupano delle perdite. Perchè è povera gente che si procura carne. Impedisce che qualcuno muoia di fame. É questo che dite. Io dico – non è il modo giusto di considerare la cosa. Prima di tutto perchè si tratta di furto e noi non possiamo approvare il furto, sopportarlo, voglio dire. Nessuno deve morire di fame, ricordatelo. Se volete fare qualcosa sul vostro conto per i vecchi che non possono lavorare, potete farlo. Potete fare quello che volete con i vostri soldi. Ma i pigri, questi Slick Steve che non lavorerebbero neanche per scommessa, nessuno dev dargli vita facile, questo è quello che dico.»
Si fermò un istante in attesa che le parole colpissero il bersaglio.
«C’è una soluzione, come vi ho detto il mese scorso. Vogliamo costituire un tribunale, una corte di giudici Indiani, trattere queste persone a modo vostro. Condannatene qualcuno a sei mesi di carcere a pensarci sopra e le cose cominceranno a cambiare qui intorno…»
Era questo il punto a cui era arrivato l’ultima volta che aveva parlato al Consiglio, un mese prima. Non era andato oltre, allora, perchè avevano cominciato a fare domande, e dalle loro domande aveva capito che non avevano la minima idea di quello a cui voleva arrivare. O così davano a intendere. «Se avremo una corte tribale,» aveva chiesto qualcuno, «dovremo mettere qualcuno in prigione?» Quello, naturalmente, era intenzionalmente naive. Era per tenerlo a bada. E uno dei vecchi aveva detto: «Se qualcuno deve andare in prigione, che ce lo mandi il Sovrintendente. Perché dovremmo cominciare a mettere in prigione la nostra gente?» Erano queste le sciocchezze che avevano detto.
Alla fine, era venuta fuori l’eterna questione del denaro. Il Governo avrebbe pagato per il tribunale? Una domanda sleale, e lui aveva risposto senza sottrarsi.
«Questa è un’altra cosa,» aveva detto pronto. «Dobbiamo smetterla con l’idea che il Governo paghi per ogni cosa. Poiché state portando avanti i vostri affari in questo modo e state traendone profitti, potete pagare da soli. Questo vi renderà indipendenti. Sarà il vostro tribunale, non quello del Governo, non il tribunale del Sovrintendente. No. La corte sarà sostenuta dalle tasse che pagate quando vendete un capo di bestiame.»
Questo discorso sciolse l’assemblea. Fu accolto da una confusione di parole in lingua nativa che man mano si trasformò nel discorso di un solo oratore, uno degli anziani, che naturalmente era un leader rispettato. Dopo, un giovane, un uomo della tribù che parlava inglese tradusse.
«Il vecchio qui, Looking Glass, dice che il Governo non ci dà nulla per nulla. Il denaro che spende per noi, è il nostro stesso denaro, dice. Appartiene a noi e loro lo tengono a Washington, e nessuno può dire quanto sia o quanto sia stato perduto. Dice, dov’è tutto quel denaro che non possono permettersi di pagare per il tribunale? Questo è quello che dice.»
Quella era la trappola in cui inciampavano la maggior parte dei piani dell’Agenzia, sfiora un vecchio indiano, e la reazione sarà sempre la stessa. «Dove sono i soldi che il Governo ci deve? Dov’è la nostra terra? Dov’è il nostro trattato?» Erano come uno zufolo con una sola nota, questi vecchi. Il loro tono era invariabile, implacabile e penetrante. Era per questo che avevi paura degli incontri in cui erano presenti gli anziani. Attualmente i giovani, che capivano i progetti dell’Agenzia…
Comunque, era di nuovo qui, di nuovo a portare avanti il progetto con grande attenzione e pazienza. La maggior parte delle incomprensioni nel fattempo era stata appianata. Così era stato portato a credere.
«Questo tribunale metterà fine a tutto questo problema,» stava andando avanti cercando di stimare l’effetto delle sue parole, in attesa di una reazione. Alla fine arrivò. Uno degli anziani si stava alzando in piedi.
Era un uomo piccolo, emaciato dall’età e dalla vita dura, e tuttavia armonioso. Naturalmente, la sua vecchia moglie, si prendeva buona cura dei suoi abiti, cuciva toppe di pelle di daino sui suoi abiti da lavoro e gli faceva indossare mocassini nuovi. Parlò con decisione e tuttavia pacato, e non a lungo. Si sedette non appena ebbe finito e lasciò che l’interprete traducesse per lui.
«Il vecchio qui, Big Face, dice che il tribunale, forse, va bene. e hanno parlato tra di loro, e forse va bene. Il nostro agente dice, è un buon uomo. Cavalca troppo veloce. Parla troppo veloce. Ma ha un buon cuore, così forse il tribunale è una buona cosa. Questo è quello che dice Big Face.»
Le parole erano buone, e Brinder si sorprese a sorridere, cosa sconsigliabile quando si trattava con questi vecchi compagni. Erano maestri nel tendere trappole per gli incauti – anche questo, aveva imparato in cinque anni. La loro espressione non cambiava mai, una volta che avevano cominciato, e non potevi mai dire cosa poteva esserci nelle loro menti. Non di meno, si sentì più a suo agio. Big Face il più polemico del gruppo era giunto ad accettare la nuova idea, e questo era un punto a suo favore. Il mese non era passato invano.
Aveva qualcos’altro da dire. Si stava rialzando di nuovo, dando uno strappo alla sua cintura e guardandosi intorno, come per assicurarsi di essere seguito. Era stato nominato portavoce. Questo ormai era chiaro.
Fece un discorso un po’ più lungo in cui sembrava esprimere agitazione forse incertezza. Non si poteva mai essere sicuri dei valori del tono. Qualche volta i passaggi di questa strana lingua che sembravano più eccitati erano molto sottomessi in inglese. Brinder aveva smesso di sorridere e aspettava la traduzione.
«Big Face dice che c’è solo una cosa che non possono decidere. Si tratta dei giudici. Nessuno vuole essere giudice. É questo che non gli piace. Forse il tribunale va bene, ma nessuno vuole essere giudice.»
Brinder si senti’ sfidato. Si alzò in piedi, velocemente, lanciando a tutti uno sguardo duro. Era questa la trappola?
«Di’ al vecchio che non capisco. É un onore essere giudice. In alcuni posti la gente paga per essere giudici. Di’ a Big Face che non capisco la sua obiezione.»
Il vecchio si rialzò non appena gli furono tradotte.
«Si tratta di questo. Per essere un giudice devi essere quasi perfetto. Devi sapere tutto e vivere secondo le tue conoscenze. Altrimenti, non hai niente da dire a nessuno che abbia commesso un errore. Chiunque ritenga di essere così perfetto è solo un bugiardo. E la gente gli riderà dietro. Noi siamo tuti amici fra noi e nessuno interferisce negli affari degli altri. É così, e nessuno vuole mettersi al di sopra ed essere giudice. Questo è quello che dice Big Face.»
Ecco – un piccolo tranello così ben ordito come non aveva mai visto. Doveva ammirarlo – riuscivano sempre a farlo diventare furioso. Non che lasciasse che se ne accorgessero. No, in cinque anni, lo aveva imparato abbastanza bene. Non perdere la testa e se sei in dubbio, continua a parlare. Tirò un profondo respiro e si profuse in una spiegazione di tutte le cose che aveva già spiegato, ricordando loro il danaro che perdevano ogni anno, della mancanza di valore delle persone che stavano facendo la bella vita con i loro sforzi del modo più giusto di trattare il problema. Ripeté tutti gli argomenti e tirò in ballo tutto ciò a cui riuscì a pensare.
«Siete voi che avete deciso tutto. Siete daccordo con me che il tribunale è una cosa buona. Ma come potete avere un tribunale senza giudici? Sono i giudici che fanno un tribunale.»
Non poteva dire se stava raggiungendo uno scopo o non – con ogni probabilità no. Stavano parlando di nuovo tutti insieme e non sembrava gli prestassero molta attenzione. Lui aspettava.
«E allora?» chiese alla fine all’interprete, un giovane sangue misto, che di solito si dimostrava abbastanza anmico da dire a Brinder da che parte tirava il vento del pensiero degli anziani.
«Non riesco a capire.» mormorò l’interprete avvicinandosi a Brinder. «Stanno dicendo un sacco di cose. Ma penso che stiano decidendo sui giudici – devono avere una specie di piano – attento – ora, uno degli anziani parlerà.»
Era di nuovo Big Face che si alzava in piedi. Sembrava più piccolo, più raggrinzito che mai. La luce confusa del crepuscolo della stanza assorbiva parte della sua sostanza e faceva sentire a Brinder che la situazione gli stava sfuggendo di mano. Un’ombra è un avversario difficile ed era in un’ombra che Big Face si stava rapidamente trasformando.
«L’agente vuole questo tribunale. Egli pensa che sia una buona cosa. Allora abbiamo parlato ancora un po’ – e siamo daccordo. Avremo questo tribunale.» Fece una piccola pausa, permettendo a Brinder solo un istante di smarrimento.
«Solo che non riuscivamo a deciderci su chi dovesse essere giudice. Qualcuno diceva questo, qualcuno diceva quest’altro. Era difficile…»
Brinder tossi’. «Avete deciso per qualcuno, Big Face?» Non sapeva più che direzione stessero prendendo le cose, sperava solo per il meglio.
Gli occhi del vecchio uomo, offuscati dall’età ora scintillavano. Nel gruppo dei consiglieri qualcuno rideva e tossiva contemporaneamente. Piedi che si agitavano e corpi che si sollevavano. C’era qualcosa nell’aria. Con esitazione Big Face disse i nomi degli uomini – il più incredibile trio che la Riserva aveva da offrire.
«Walks-in-the-Ground – Jacob Gopher – Twisted Horn…»
Nel silenzio che seguì Brinder cercò disperatamente di credere di aver capito male. C’era stato un errore. Era impossibile prenderli seriamente. Questi tre uomini, era impossibile! Il primo, un vecchio imbecille bavoso – ormai pronto alla morte! Il secondo completamente sordo e cieco! Il terzo, un pazzo completo, una specie di buffone, a cui nessuno prestava ascolto.
«Intendi proprio questo?» Brinder non riusciva ancora a comprendere a pieno la situazione, ma temeva che la strategia fosse deliberata e conclusiva.
«Questi saranno i giudici di questo tribunale» rispose Big Face sorridendo come al solito con fare amichevole.
«Ma questi uomini non possono essere giudici! Sono troppo vecchi, o troppo pazzi. Nessuno gli darà ascolto…» tagliò corto Brinder. Si accorse di avere interpretato la strategia degli anziani proprio come loro la intendevano. La sua cordialità scomparve.
Big Face non esitò, non smise di sorridere. «É meglio, pensiamo che i pazzi siano giudici. Se la gente non gli darà ascolto non dispiacerà a nessuno.»
Brinder non aveva nulla da dire, non in quel momento. Lasciò cadere sul pavimento le gambe anteriori della sua sedia, raccolse il cappello. Il suo volto era diventato pallido. Dopo cinque anni – lasciare ancora che questo accadesse… Facendo un grande sforzo, la chiuse con una battuta. «Ragazzi, avreste dovuto eleggere me giudice del vostro tribunale dei canguri. Sarei stato abilissimo.»
Gli indiani risero e non sapevano cosa intendesse dire, non esattamente. Ma forse aveva ragione.
Traduzione di Raffaella Marzano
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