Il 2 maggio del 2002 moriva Izet Sarajlić, lasciandoci sgomenti e in lacrime. Se ne andava un pezzo di Casa della poesia, una delle sue pietre angolari, una base solida su cui avevamo costruito insieme questo edificio reale e immaginario. Lo ricordiamo proprio oggi, a 20 anni dalla sua scomparsa, con una delle sue poesie più famose, “Sarajevo“, dedicata alla sua amata città, diventata un po’ anche nostra, la città della poesia e dell’incontro, dove “anche la pioggia, quando cade, non è solo pioggia”. La città che aveva visto trasformarsi in città martire subendo il più lungo assedio della storia moderna. La traduzione, di Sinan Gudžević e Raffaella Marzano, fa parte del nostro libro “Qualcuno ha suonato”. Vi consigliamo di ascoltare la lettura di Izet e per chi può di leggere il testo originale. Le foto sono di Mario Boccia. Prosegue l’impegno di Casa della poesia attraverso Potlatch per una cultura libera e condivisa.
Izet Sarajlić
Sarajevo
E adesso dormano pure tutti i nostri cari e immortali.
Sotto il ponte presso il II liceo femminile scorre gonfia la Miljacka.
Domani è domenica. Prendete il primo tram per Ilidža.
Naturalmente, posto che non cada la pioggia.
La noiosa, lunga pioggia di Sarajevo.
Chissà come si sentiva senza di lei Čabrinović in carcere!
Noi la malediciamo, le bestemmiamo contro, e tuttavia mentre cade
fissiamo gli appuntamenti d’amore come fossimo nel cuore di maggio.
Noi la malediciamo, le bestemmiamo contro, sapendo che essa non potrà mai
far diventare la Miljacka né il Guadalquivir né la Senna.
E con ciò? Forse per questo ti amerò di meno
e ti farò soffrire meno nella sventura?
Forse per questo sarà minore la mia fame di te
e minore il mio amaro diritto
di non dormire quando il mondo è minacciato dalla peste o dalla guerra
e quando le uniche parole rimaste sono “non dimenticare” e “addio”?
Del resto, può darsi che questa non sia neppure la città in cui morirò,
ma in ogni caso essa sarebbe stata degna
di un me incomparabilmente più sereno,
questa città dove, a dire il vero, non ho sempre avuto molta fortuna
ma dove ogni cosa è mia e dove posso sempre
trovare almeno uno di voi che amo
e dirvi che sono disperatamente solo.
A Mosca potrei fare lo stesso, ma Esenjin è morto
e Evtušenko è certamente in giro da qualche parte della Georgia.
A Parigi come potrei chiamare il pronto soccorso
se non ha risposto neppure agli appelli di Villon?
Qui, se chiamo, persino i pioppi, che sono miei concittadini,
sapranno ciò che mi fa soffrire.
Perché questa è la città dove, a dire il vero, non ho avuto molta fortuna
ma dove tuttavia anche la pioggia, quando cade,
non è solo pioggia.
1961
Izet Sarajlić
Sarajevo
Sad nek spavaju svi naši i besmrtni.
Pod mostom, kraj “Druge Ženske” nabujala Miljacka teče.
Sutra je nedelja. Uzmite prvi tramvaj za Ilidžu.
Naravno pod predpostavkom da ne pada kiša.
Dosadna duga sarajevska kiša.
Kako li je bilo Ćabrinoviću bez nje u tamnici!
Mi je preklinjemo, psujemo, a ipak dok pada
zakazujemo ljubavne sastanke kao da smo u najmajskijem maju.
Mi je proklinjemo, psujemo, svjesni da od nje nikad
Miljacka neće postati ni Gvadalkivir ni Sena.
Pa šta? Zbog toga zar manje će te voljeti
i mučiti manje kroz stradanja?
Zbog toga zar manja biće moja glad
za tobom i manje moje gorko pravo
da ne spavam kad svijetu prijete kuga ili rat
i kad jedine riječi postaju “ne zaboravi” i “zbogom”?
Uostalom, možda ovo i nije grad u kome ću umrijeti,
ali u svakom slučaju on je zaslužio jednog neuporedivo vedrijeg
mene,
ovaj grad u kome možda i nisam bio najsrećniji,
ali u kome je sve moje i u kome uvijek mogu
naći barem nekog od vas koje volim
i reći vam da sam tužan do očajanja.
U Moskvi to bih isto mogao, ali Jesenjin je mrtav
a Jevtusenko siguno negdje u Gruziji.
U Parizu kako da zovem hitnu pomoć
kad se ona nije odazvala ni na pozive Vijona?
Ovde zovnem li i tople svoje sugrađanke,
i one čak znaće šta je to što me boli.
Jer ovo je grad u kome možda i nisam bio najsrećniji,
ali u kome i kiša kad pada nije prosto kiša.
1961
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