L’incontro con Jorge Enrique Adoum è stato cruciale per Casa della poesia per aprire una finestra ampia sulla poesia in America Latina. Poeta, scrittore, critico letterario, drammaturgo, traduttore, è stato uno dei maggiori intellettuali latinoamericani. Nato nel 1926 ad Ambato in Ecuador, è stato segretario personale di Neruda, compagno di viaggio del Che, amico di Cuba e di Fidel Castro, ha fatto parte di quel cenacolo di scrittori latinoamericani rifugiati a Parigi e funzionario dell’UNESCO. Grande manipolatore del linguaggio, inventore di neologismi è l’autore di uno dei romanzi sperimentali più importanti in America Latina, “Entre Marx y una mujer desnuda” (1976). Nel 1993 torna con grande successo alla poesia con lo straordinario “El amor desenterrado”, ispirato allo sconvolgente ritrovamento di una coppia di amanti del periodo paleo-indio in Ecuador. Scomparso nel 2009 è stato uno degli amici più cari e fedeli di Casa della poesia. La poesia della settimana è “L’attimo sospeso / El istante detenido”, uno sguardo americano sulla “scoperta” del continente. La traduzione di Raffaella Marzano, è parte del libro “L’amore disinterrato e altre poesie” (Multimedia Edizioni, in corso di ristampa). Bella e intensa la lettura di Adoum che vi consigliamo di ascoltare. La registrazione è stata realizzata a Casa della poesia nel corso di “Latinoamericapoesia” nel 2004. Prosegue l’impegno di Casa della poesia e di Potlatch con una cultura libera e condivisa.
Jorge Enrique Adoum
L’attimo sospeso
A Tzvetan Todorov
Quando il marinaio di Triana, con la bocca tra le mani,
gridò: “Terra!”, e l’Ammiraglio credette terminata la sua avventura,
l’astronomo che osservava molti secoli la morte di una stella,
il copista sul punto di trovare la pagina in cui aveva perso il suo destino,
il geometra che tirava i dadi per calcolare la superficie esatta della terra,
il contadino che scavava il solco con i denti per sentire vicino al labbro il seme,
la ragazza che sollevava ad ogni istante la sua gonna per vedere se la donna era già arrivata,
il pastorello indaffarato al crepuscolo con un agnellino tra le gambe,
il poeta attonito senza sapere dove erano andate le parole che lo avevano abbandonato,
la sarta che conservava le sue lacrime imbastendole nell’orlo della tunica,
la sentinella che aspirava a custodire l’alcova della regina perché sognare non basta,
la monaca che cercava negli avanzi sillabe di conversazione per non passare la vita da sola,
il confessore sul punto di invidiare la colpa di peccati che altri gli inventavano,
il soldato avido alla cui lussuria territoriale il Papa provvedeva,
la tessitrice che si dissolveva negli occhi disegni come polvere, come pianto, come sfilacciatura,
il muratore di fronte alla parete in cui aveva mescolato ruzzoloni di bambino con cadute dell’anima,
il carceriere che non capiva perché il prigioniero volesse uscire se fuori piovigginava,
la partoriente che espiava con grido altissimo la colpa di quell’appuntamento,
il neonato che cominciava a morire tutta la vita contandosi gli anni,
il chirurgo che con il trapano voleva accertare cosa pensava la sua signora,
il cavaliere che misurava il tempo impiegato dal nitrito ad arrivare al nuovo mondo,
e l’indovino che andava a predire questa sventura,
sospesero di colpo quello che ognuno stava facendo,
ma quando il capitano dopo lo schiaffo alla ragazza india la fece gettare ai cani
per non essersi lasciata convincere a conoscere altro maschio che suo marito,
ripresero le loro occupazioni abituali nel punto
in cui quelle gesta di mare le avevano interrotte.
Traduzione: Raffaella Marzano
Jorge Enrique Adoum
El istante detenido
A Tzvetan Todorov
Cuando el marinero de Triana, con la boca entre las manos,
gritó: “¡Tierra a la vista!” y el Almirante creyó terminada su aventura,
el astrónomo que atisbaba muchos siglos la muerte de una estrella,
el copista a punto de encontrar la página donde había extraviado su destino,
el geómetra que tiraba los dados por calcular la superficie exacta de la tierra,
el labriego cavando el surco con los dientes por sentir junto al labio la semilla,
la muchacha levantando a cada instante su falda por ver si la mujer había ya llegado,
el zagal atareado en el crepúsculo con una cría de oveja entre los muslos,
el poeta atónito sin saber a dónde fueron las palabras que lo abandonaron,
la costurera que guardaba sus lágrimas hilvanánsolas en el dobladillo de la saya,
el centinala que aspiraba a guardar la alcova de la reina porque soñar no basta,
la tornera buscando en las sobras sílabas de conversación para no pasar la vida sola,
el confesor a punto de envidiar la culpa de pecados que otros le inventaban,
el soldato codicioso a cuya lujuria territorial el Papa proveía,
la tejedora que se disipaba en los ojos diseños como polvo, como llanto, como hilachas,
el albañil frente a la pared donde había mezclado resbalones de niño con caídas del alma,
el carcelero que no entendía por qué el preso quería salir si afuera lloviznaba,
la parturienta espiando con el al arido enorme la culpa de esa cita,
el recién nacido que comenzaba a morir toda la vida contándose los años,
el cirujano que con un trapano quería averiguar en quién pensaba su señora,
el jinete midiendo el tempo que tardaba el relincho en llegar al nuevo mundo
y el agorero que iba a predecir esa desdicha,
suspendieron de golpe lo que cada uno hacía,
mas cuando el capitán tras la bofetada a la moza india hizo que la echaran a los perros
por no dejarse persuadir de conocer otro varón que su marido,
retomaron sus ocupaciones habituales en el punto
en que aquella hazaña de mar las había interrumpido.
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