Per la prima “poesia della settimana” del nuovo anno, abbiamo pensato di utilizzare un video appena realizzato e di dedicare questa apertura di 2024 allo straordinario poeta spagnolo Juan Carlos Mestre. La poesia scelta è Villafranca da una delle prime raccolte di Mestre, Antífona del otoño en el Valle del Bierzo (1985, Premio Adonáis). Le foto che scorrono nel video sono di Jose Antonio Roblés, la musica di Pedro Sarmiento, la voce di Juan Carlos Mestre. La traduzione di Raffaella Marzano è tratta dal bellissimo volume Le stelle a chi le lavora, ampia antologia della poesia di Mestre (Multimedia Edizioni, 2012). La fotodi copertina è di Alejandro Nemonio Aller. Prosegue l’impegno di Potlatch e di Casa della poesia per una cultura libera, democratica, condivisa.
Juan Carlos Mestre
Villafranca
Per le bianche colonne di una chiesa,
per le tue bianche cosce di rovente neve,
per i nudi boschi dell’autunno,
affondi le tue mani nella farina,
bagni il tuo cuore nel fiume gelato
contemplata dalla luce della tristezza,
entri nel sole della mattina,
le colombe si sono posate sul marmo,
i tuoi giovani occhi non mi guardano,
s’infiammano gli animi della sera,
non posso vedere l’ombra delle tue labbra,
non può entrare la notte ai tuoi giardini,
dormono sotto l’acqua senza bagnarsi
i dolci pensieri dell’estate,
nascono le valli sotto i tuoi capelli,
sotto la tua pelle brillano gli astri,
sei come il ricordo di una madre morta,
margini del mondo che ha toccato
con la sua mano amorosa la tristezza,
somiglia al mare il nostro ritorno,
sempre attraverso l’amore ad uno stesso abbraccio,
sempre attraverso il dolore ad uno stesso feretro,
somigliano i tuoi giorni ai miei occhi
mentre guardano la quieta luce di mezzogiorno,
mi chiama da allora il tuo desiderio,
batte nel mio petto come un uccello
ed il mio cuore si addormenta accanto al tuo.
Caddero sul campo le stelle,
inondarono di vetro le tristi lande,
crebbero le loro radici nella tenebra,
non imbrunisce qui, la tua luce propaga
la sua generosa fiamma dall’alba,
la notte ha corpo di donna,
la notte ha ali e cavalli,
la notte ha occhi e ci guarda,
ascolto la dulciana accanto al fuoco,
ascolto il freddo che rumina nelle stalle,
ascolto fiorire il dolce mandorlo,
vedo passare verso il prato le ragazze,
piovono i loro occhi luce nei poggi
sento crescere l’erba profumata,
si sono coperti di neve quei monti,
soavemente li calpesta il tuo sguardo,
non rintoccano oramai le campane nella notte,
non brilla oramai la muta dei cieli,
il tempo dell’oblio ti minaccia,
oramai non annidano le cicogne i campanili.
Si è addormentata la sera tra i pini,
ritornano i cavalli al villaggio
ed il loro alito lascia nuvole nel bosco,
hai rose di petali defunti,
brina di povertà e muschio sui tetti,
hai merli ed angeli di neve.
Come ad un luogo anelato giunse l’autunno,
valle solitaria tra pioppeti dorati
in cui cantano di notte oscuri boscaioli,
agli alti querceti e alle loro foglie
dove germoglia il vapore della mattina
ed i giubilanti mattutini degli uccelli.
Oh lugubre passione che sotto il cielo
hai fatto l’epoca di ottobre
nelle rive dell’agognato Burbia,
oh nebbie trasparenti, respiro degli astri
che scendete a dormire nei conventi,
oh tumulo muto, iris di silenzio
che attraversi la piazzola del Campairo.
Ululando stanno le bestie nei monti,
ululando stanno le palpebre del ghiaccio
dal palco di pietra delle torri,
quanta paura si nasconde nel buio,
quanta notte cospira contro il cielo
dalla riva senza luce della notte.
Traduzione: Raffaella Marzano
Juan Carlos Mestre
Villafranca
Por las blancas columnas de una iglesia,
por tus blancos muslos de encendida nieve,
por los desnudos bosques del otoño,
hundes tus manos en la harina,
mojas tu corazón en el helado río
contemplada por la luz de la tristeza,
entras en el sol de la mañana,
las palomas se han posado sobre el mármol,
tus jóvenes ojos no me miran,
se encienden las farolas de la tarde,
no puedo ver la sombra de tus labios,
no puede entrar la noche a tus jardines,
duermen bajo el agua sin mojarse
los dulces pensamientos del verano,
nacen los valles debajo de tu pelo,
debajo de tu piel brillan los astros,
eres como el recuerdo de una madre muerta,
márgenes del mundo que ha tocado
con su amorosa mano la tristeza,
se parece al mar nuestro regreso,
siempre por el amor a un mismo abrazo,
siempre por el dolor a un mismo féretro,
se parecen tus días con mis ojos
mirando la quieta luz del mediodía,
me llama tu deseo desde entonces,
late en mi pecho como un pájaro
y mi corazón se duerme junto al tuyo.
Cayeron sobre el campo las estrellas,
inundaron de cristal los tristes páramos,
crecieron sus raíces en lo oscuro,
no anochece aquí, tu luz propaga
su generosa llama desde el día,
la noche tiene cuerpo de mujer,
la noche tiene alas y caballos,
la noche tiene ojos y nos mira,
escucho la dulzaina junto al fuego,
escucho el frío rumiando en los establos,
escucho florecer al dulce almendro,
veo pasar hacia el prado a las muchachas,
llueven sus ojos luz en los oteros,
siento crecer la hierba perfumada,
se han cubierto de nieve aquellos montes,
suavemente los pisa tu mirada,
ya no tañen las campanas en la noche,
ya no brilla la jauría de los cielos,
el tiempo del olvido te amenaza,
ya no nidan las cigüeñas la espadaña.
Se ha dormido la tarde entre los pinos,
regresan los caballos a la aldea
y su aliento deja nubes por el bosque,
tienes rosas de pétalos difuntos,
escarcha de pobreza y musgo en los tejados,
tienes mirlos y ángeles de nieve.
Como a un lugar muy deseado llegó el otoño,
valle solitario entre alamedas doradas
donde cantan de noche oscuros leñadores,
a los altos encinares y a sus hojas
donde brota el vapor de la mañana
y los jubilosos maitines de los pájaros.
Oh lóbrega pasión que bajo el cielo
has obrado la época de octubre
en las riberas del Burbia el consentido,
oh nieblas transparentes, aliento de los astros
que bajáis a dormir a los conventos,
oh túmulo callado, lirio de silencio
que cruzas la plazuela del Campairo.
Aullando están las bestias por los montes,
aullando están los párpados del hielo
desde el palco de piedra de las torres,
cuánto miedo se esconde entre lo oscuro,
cuánta noche conspirando contra el cielo
desde la orilla sin luz de lo nocturno.
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