La prima poesia della settimana dell’anno è dedicata a Opal Palmer Adisa, poetessa, romanziera, artista performativa ed educatrice giamaicana e americana. Professore emerito presso il California College of the Arts, Adisa è anche l’attuale direttore dell’Istituto per gli studi di genere e sviluppo dell’Università delle Indie Occidentali, Campus di Mona in Giamaica, dove attualmente risiede. Ha pubblicato molti libro e ha appena realizzato un documentario su una grande e poliedrica artista giamaicana, Jean “Binta” Breeze. È già stata in passato ospite di Casa della poesia e un suo ritorno è previsto nel marzo del 2025. La bellisima poesia prende spunto dalla famosa canzone di Bob Marley “No, Women Don’t Cry”. La traduzione è di Raffaella Marzano e la bella lettura è estratta dagli archivi di Casa della poesia. Prosegue l’impegno di Potlatch e di Casa della poesia per una cultura libera, democratica, condivisa.
Opal Palmer Adisa
No, Women Don’t Cry
In Africa, si dice:
“Un uomo non è niente senza una donna
non può essere un capo e quando il suo respiro
lo abbandona, il suo nome
sarà seppellito nella terra
dimenticato come il suo corpo.”
Così noi donne non piangiamo
portiamo la pena
nel nostro cuore,
lo stomaco si gonfia
pieno di dolore
custodiamo le nostre lacrime
come una diga
perché se dovessimo lasciar cadere una sola goccia
non potremmo più fermarci
e non avremmo potuto più combattere
i Portoghesi nel Congo,
gli Inglesi nelle colline del Portland in Giamaica o
i prigionieri e derelitti d’Europa nelle Americhe
Se solo una goccia salata
fosse scivolata sulle nostre guance
le piramidi non sarebbero state costruite
e i 60 milioni di Africani
che sono stati annegati, affamati e che furono uccisi
nell’usurpazione del continente–il passaggio intermedio
non sarebbero neanche un ricordo
Così le donne non piangono
noi non piangiamo
le madri non piangono
quando i mariti scivolano carponi dalla porta di dietro
mentre loro rimangano con lo sguardo fisso
a cantare la libertà in faccia al nemico,
le sorelle non piangono
quando vedono i loro fratelli
impiccati mutilati,
le figlie non piangono
quando lo stupro di un momento
stravolge il loro futuro
no, le donne non piangono
tratteniamo semplicemente il pianto
nelle fessure dei nostri denti,
nei nostri ventri.
sotto le ascelle
nei fori delle nostre orecchie
noi donne non piangiamo
piangiamo e ci lamentiamo solo
nelle nostre sedie a dondolo
è per questo che parliamo a noi stesse
e creiamo altre vite
Traduzione: Raffaella Marzano
Opal Palmer Adisa
No, Women Don’t Cry
In Africa, the saying is:
“A man is nothing without a woman
he cannot be a chief and when his breath
leaves him, his name
will be knocked into the earth
forgotten as his flesh,”
So we women don’t cry
we carry pain
in our bosom,
our stomach bulge
pregnated by sorrow
we guard our tears
like a dam
for if we were to shed one drop
we couldn’t stop
and we wouldn’t have been able
to fight the Portuguese in the Congo,
the English in the Portland hills of Jamaica or
prisoners and derelicts of Europe in the Americas
If just one salt
had run down our cheeks
the pyramids would not be built
and the 60 million Africans
who drowned, starved and were killed
in the usurption of the continent – the middle passage
would not even be a memory
So women don’t cry
we don’t cry
mothers don’t cry
when their husbands crrep through the back door
while they remain with a stone stare
to sing freedom in the enemy’s face,
sisters don’t cry
when they see their brothers
strung up mutilated,
daughters don’t cry
when a moment’s rape
alters their future
no, women don’t cry
we just hold it in
the crevices of our teeth,
in our wombs,
under our arm pits
in the loopof our ears
we woman don’t cry
we only weep and wail
in our rocking
that’s why we talk to ourselves
and build more lives.
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