Il 6 settembre del 2011 Erri De Luca, a sostegno della resistenza di Casa della poesia, ci regalò con affetto e generosità la sua presenza “parlando di poesia e di poeti“. Ora noi regaliamo a tutti i frequentatori di POTLATCH un estratto di quella bellissima serata. Lo facciamo oggi proprio per esprimere tutta la nostra solidarietà ed amicizia ad Erri e ricambiare il suo affetto. Lo facciamo oggi partecipando con convinzione alla campagna “iostoconerri” per manifestare tutto il nostro sdegno per la persecuzione giudiziaria che sta subendo. Ci sembra quanto mai importante – oggi – difendere la libertà di espressione e di parola. Tutti coloro che, dopo la strage di Parigi nella redazione di Charlie Hebdo, hanno gridato “je suis Charlie” e hanno parlato della libertà di stampa e di espressione come un valore assoluto e riconosciuto della civiltà occidentale ed europea non sembrano scandalizzati dal processo a cui Erri De Luca sarà sottoposto a Torino per aver scritto e preso posizioni contro la TAV. Come si conciliano tutte le belle parole di quelle ore con il silenzio nei confronti di questo atto gravissimo di intimidazione verso ogni forma di opposizione e di dissenso? Noi rispondiamo con la sola arma che conosciamo, la poesia. Rispondiamo con le parole e le storie di Erri. Qui in Potlatch, insieme alla registrazione video (semplice e diretta), riportiamo anche i testi delle poesie che Erri legge nel corso della serata. Continua l’impegno di POTLATCH per condividere i tesori custoditi da Casa della poesia. La foto di copertina è di Salvatore Marrazzo.
Per Ante Zemljar
l’unica presa d’aria della cella.
L’uomo si abitua all’ombra,
a mezzogiorno, in piedi sulla branda
s’allunga alla fessura della luce,
meno di un rigo, un verso breve
passa sulle palpebre degli occhi.C’è un nodo nel legno che lui tocca
con l’unghia e con il tempo,
con la punta dell’unghia e del tempo,
all’uomo serve un gioco nella cella.Un giorno il nodo cede
pregato dall’unghia amica del tempo
che ricresce ogni giorno,
il nodo cede.
Si toglie come un tappo di bottiglia
e nel suo collo passa uno zampillo di luce liscia e dritta
s’allarga a terra, allaga il pavimento.
Il prigioniero Ante si mette scalzo
e ci si bagna i piedi. È un anno
che non esce di cella, niente cortile, aria,
un anno che la porta è uguale al muro,
che la porta non porta da nessuna parte
un anno, strizza gli occhi,
il sole dentro il buco è un’arancia rotonda nella mano
i piedi si strofinano fra loro
sono due bambini, la prima volta al mare
i piedi di Ante Zemljar comandante di molti partigiani,
congedato col merito della vittoria in guerra,
adesso chiuso dagli stessi compagni: nemico della patria.
Nemico lui che l’ha agguantata al collo
l’ha scrollata di eserciti invasori
fiume per fiume, da Neretva a Drina,
coi calci della fame senza nemmeno portar via una cipolla
a un contadino perché così è la guerra partigiana.
Nemico lui: l’hanno tolto da casa
da Sonia di due anni che sa gridare già:
“Lasciate il mio papà, lasciatelo è mio padre”.
Adesso sì, voi siete suoi nemici.Ante sa le percosse, sa che un pugno da destra
lascia sangue sul muro di sinistra e viceversa
e un pugno dritto in faccia lascia sangue a terra,
ma c’è la novità qui le botte riescono a lasciare
il sangue sul soffitto.
C’è sempre da imparare circa le vie del sangue
e dei colpi ingegnosi dei gendarmi.Ante conserva il nodo, lo rimette nel legno
la guardia non saprà,
il sole non è spia,
s’infila svelto e poi non lascia impronte,
pure se perquisisce la guardia non può dire:
qui c’è stato il sole, sento il suo odore.
Il sole non è un topo,
pure se ne finisce molto in una cella
nessuno si accorge che fuori manca un raggio,
che la sua conduttura ha un buco
e perde luce da un nodo di legno.Ancora un po’ di mesi, poi glielo daranno,
il sole, tutto in una volta, sulla schiena
peggio dei colpi di bastonatura
sopra l’Isola Nuda a spaccar pietre.
Il prigioniero Ante ha conservato il nodo,
qualche volta lontano dalla guardia
lo punta contro il sole e si procura un’ombra
sopra l’Isola Nuda a spaccar pietre bianche
e poi gettarle a mare, all’Adriatico,
perché la pena è pura, senza valore pratico,
e il mare non si riempirà.
Erri De Luca
Classifica del fuoco
Per primi partirono i filosofi, Marx, Hobbes, Cartesio, Schopenhauer,
infine anche Montaigne; autunno/inverno uno, Sarajevo.
Poi toccò ai romanzieri, Dumas, Dickens, Gogol’,
infine fu Shalamov a disfarsi nella stufa
coi suoi racconti della Kolimà, autunno/inverno due.
Quell’anno fino a maggio le parole patirono l’inferno per dare calorie.
Nel terzo dell’assedio bruciò lo scaffale del teatro,
prima Brecht, poi alla rinfusa Strindberg, Shakespeare, Racine,
infine con le lacrime anche Čechov.
Il quarto anno toccava alle poesie,
ma la guerra finì e le risparmiò.
Classifica del fuoco: ultima destinata la poesia,
in guerra la più urgente.
Quei due abbracciati
potevamo essere anche tu ed io,
ma noi due non passeggeremo mai più
su nessuna riva abbracciati.