La nuova “poesia della settimana” è dedicata ad una meravigliosa poetessa polacca, famosissima dopo il Premio Nobel assegnatole nel 1996, Wisława Szymborska. La poesia scelta è “La fine e l’inizio / Koniec i początek“, la traduzione è di Pietro Marchesani che ha curato per Adelphi la raccolta di tutte le sue poesie con il titolo “La gioia di scrivere” (1945-2009). In questa pagina è possibile insieme alla traduzione leggere il testo originale e soprattutto ascoltare la voce della poetessa di Cracovia scomparsa nel 2012. Prosegue l’impegno di Casa della poesia e di Potlatch per una cultura libera e condivisa.
Wisława Szymborska
La fine e l’inizio
Dopo ogni guerra
c’è chi deve ripulire.
In fondo un po’ d’ordine
da solo non si fa.
C’è chi deve spingere le macerie
ai bordi delle strade
per far passare
i carri pieni di cadaveri.
C’è chi deve sprofondare
nella melma e nella cenere,
tra le molle dei divani letto,
le schegge di vetro
e gli stracci insanguinati.
C’è chi deve trascinare una trave
per puntellare il muro,
c’è chi deve mettere i vetri alla finestra
e montare la porta sui cardini.
Non è fotogenico,
e ci vogliono anni.
Tutte le telecamere sono già partite
per un’altra guerra.
Bisogna ricostruire i ponti
e anche le stazioni.
Le maniche saranno a brandelli
a forza di rimboccarle.
C’è chi, con la scopa in mano,
ricorda ancora com’era.
C’è chi ascolta
annuendo con la testa non mozzata.
Ma presto lì si aggireranno altri
che troveranno il tutto
un po’ noioso.
C’è chi talvolta
dissotterrerà da sotto un cespuglio
argomenti corrosi dalla ruggine
e li trasporterà sul mucchio dei rifiuti.
Chi sapeva
di che si trattava,
deve far posto a quelli
che ne sanno poco.
E meno di poco.
E infine assolutamente nulla.
Sull’erba che ha ricoperto
le cause e gli effetti,
c’è chi deve starsene disteso
con una spiga tra i denti,
perso a fissare le nuvole.
Traduzioni di Pietro Marchesani
Wisława Szymborska
Koniec i początek
Po każdej wojnie
ktoś musi posprzątać.
Jaki taki porządek
sam się przecież nie zrobi.
Ktoś musi zepchnąć gruzy
na pobocza dróg,
żeby mogły przejechać
wozy pełne trupów.
Ktoś musi grzęznąć
w szlamie i popiele,
sprężynach kanap,
drzazgach szkła
i krwawych szmatach.
Ktoś musi przywlec belkę
do podparcia ściany,
ktoś oszklić okno
i osadzić drzwi na zawiasach.
Fotogeniczne to nie jest
i wymaga lat.
Wszystkie kamery wyjechały już
na inną wojnę.
Mosty trzeba z powrotem
i dworce na nowo.
W strzępach będą rękawy
od zakasywania.
Ktoś z miotłą w rękach
wspomina jeszcze jak było.
Ktoś słucha
przytakując nie urwaną głową
Ale już w ich pobliżu
zaczną kręcić się tacy,
których to będzie nudzić.
Ktoś czasem jeszcze
Wykopie spod krzaka
przeżarte rdzą argumenty
i poprzenosi je na stos odpadków.
Ci, co wiedzieli
o co tutaj szło,
muszą ustąpić miejsca tym,
co wiedzą mało.
I mniej niż mało.
I wreszcie tyle co nic.
W trawie, która porosła
przyczyny i skutki,
musi ktoś sobie leżeć
z kłosem w zębach
i gapić się na chmury.
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