La poesia della settimana è dedicata a Nicolás Guillén (1902 – 1989), poeta cubano, considerato il massimo esponente della poesia negra centroamericana e poeta nazionale dell’isola per la sua opera legata alla cultura afrocubana. Per la sua opera si sono adoperati termini come “poesia mulatta”, “verso negro”, “afro-antillanismo”. Scrive Guillén «devo dire che questi sono versi mulatti, L’iniezione africana su questa terra è così tanto profonda, che si intersecano nella nostra idrografia sociale tante correnti capillari che sarebbe lavoro per miniaturisti svelarne il geroglifico. Per ora, lo spirito di Cuba è meticcio. E dallo spirito alla pelle arriverà definitivamente il colore. Un giorno si dirà: color cubano». La poesia scelta è “Oh rosa melanconica… / Rosa tú, melancolica“, la traduzione è di Dario Puccini, la registrazione di Casa de las Americas. Prosegue l’impegno di Casa della poesia e di Potlatch per una cultura condivisa e libera.
Nicolás Guillén
Oh Rosa melanconica…
L’anima vola e vola
cercandoti lontano,
oh Rosa melanconica,
rosa del mio ricordo.
Quando poco a poco l’alba
la campagna inumidisce,
e il giorno è come un bimbo
che si sveglia nel cielo,
oh Rosa melanconica,
carichi gli occhi d’ombra,
dal mio povero lenzuolo
tocco il tuo solido corpo.
Quando già alto il sole
Arde con il suo alto fuoco,
quando la sera cade
dal ponente disfatto,
io nel mio lontano desco
il tuo ignoto pane osservo.
E nella notte gravida
d’appassionato silenzio,
oh Rosa melanconica,
rosa del mio ricordo,
dorata, viva e umida,
tu discendi dal tetto,
mi prendi la mano fredda
e resti lì a guardarmi.
Io chiudo allora gli occhi,
ma pur sempre ti vedo,
là piantata, a fissare
il tuo sguardo sul mio petto,
lungo sguardo immobile,
come un pugnale di sogno.
Traduzione di Dario Puccini
Nicolás Guillén
ROSA TÚ, MELANCÓLICA
El alma vuela y vuela
buscándote a lo lejos,
rosa tú, melancólica
rosa de mi recuerdo.
Cuando la madrugada
va el campo humedeciendo,
y el día es como un niño
que despierta en el cielo,
Rosa, tú, melancólica
ojos de sombra llenos,
desde mi estrecha sábana
toco tu firme cuerpo.
Cuando ya el alto sol
ardió con su alto fuego,
cuando la tarde cae
del ocaso deshecho,
ya en mi lejana mesa
tu oscuro pan contemplo.
Y en la noche cargada
de ardoroso silencio,
Rosa, tú, melancólica
rosa de mi recuerdo,
dorada, viva, y húmeda,
bajando vas del techo,
tomas mi mano fría
y te me quedas viendo.
Cierro entonces los ojos,
pero siempre te veo
clavada allí, clavando
tu mirada en mi pecho,
larga mirada fija,
como un puñal de sueño.
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