Per la “poesia della settimana” un altro gioiello, “Corona” di Paul Celan, poeta tra i più profondi e complessi de Novecento. Per tutta la vita, Paul Celan si confrontò con la “sentenza” di Theodor W. Adorno sull’impossibilità di scrivere poesie dopo Auschwitz, lottando fino allo stremo delle forze per affermare il riconoscimento della propria opera, con cui intendeva restituire voce a chi voce non aveva più; ma Celan è anche molto di più del “poeta dell’Olocausto”. La foto di copertina Lufti Özkök ritrae Paul Celan a ParigI nel 1963 città nella quale metterà fine alla sua vita, al suo dramma e alle sue crisi psichiche nel 1970 gettandosi nella Senna. La traduzione è di Giuseppe Bevilacqua, tratta dal monumentale lavoro da lui fatto sulla complessa opera di Celan pubblicata nei Meridiani di Mondadori e la presentiamo qui insieme al testo originale e alla straordinaria lettura dell’autore. Prosegue l’impegno di Casa della poesia e di Potlatch per una cultura libera e condivisa.
Paul Celan
Corona
L’autunno mi bruca dalla mano la sua foglia: siamo amici.
Noi sgusciamo il tempo dalle noci e gli apprendiamo a camminare:
lui ritorna nel guscio.
Nello specchio è domenica,
nel sogno si dorme,
la bocca fa profezia.
Il mio occhio scende al sesso dell’amata:
noi ci guardiamo,
noi ci diciamo cose oscure,
noi ci amiamo come papavero e memoria,
noi dormiamo come vino nelle conchiglie,
come il mare nel raggio sanguigno della luna.
Noi stiamo allacciati alla finestra, dalla strada ci guardano:
è tempo che si sappia!
È tempo che la pietra accetti di fiorire,
che l’affanno abbia un cuore che batte.
È tempo che sia tempo.
È tempo.
Traduzione di Giuseppe Bevilacqua
da “Paul Celan, Poesie”, “I Meridiani” Mondadori, 1998
Paul Celan
Corona
Aus der Hand frißt der Herbst mir sein Blatt: wir sind Freunde.
Wir schälen die Zeit aus den Nüssen und lehren sie gehn:
die Zeit kehrt zurück in die Schale.
Im Spiegel ist Sonntag,
im Traum wird geschlafen,
der Mund redet wahr.
Mein Aug steigt hinab zum Geschlecht der Geliebten:
wir sehen uns an,
wir sagen uns Dunkles,
wir lieben einander wie Mohn und Gedächtnis,
wir schlafen wie Wein in den Muscheln,
wie das Meer im Blutstrahl des Mondes.
Wir stehen umschlungen im Fenster, sie sehen uns zu von der Straße:
es ist Zeit, daß man weiß!
Es ist Zeit, daß der Stein sich zu blühen bequemt,
daß der Unrast ein Herz schlägt.
Es ist Zeit, daß es Zeit wird.
Es ist Zeit.
Paul Celan: “Mohn und Gedächtnis” , Deutsche Verlags–Anstalt GmbH, Stuttgart, 1952
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