La poesia della settimana è dedicata ad un famoso ed amato poeta spagnolo, Pedro Salinas, che ha regalato al mondo un canzoniere “La voz a ti debida / La voce a te dovuta”, pubblicato nel 1933, nel quale settanta bellissime poesie si compattano in un intero poema d’amore tra i più apprezzati. La poesia scelta è “Che gran vigilia il mondo! / ¡Qué gran víspera el mundo!”. Trovate in questa pagina insieme alla traduzione di Emma Scoles (dal volume Einaudi), il testo originale e soprattutto la voce e la lettura di Salinas. Prosegue l’impegno di Casa della poesia e di Potlatch per una cultuta libera e condivisa.
Pedro Salinas
XII
Che gran vigilia il mondo!
Nulla era fatto.
Né materia, né numeri,
né astri, né secoli, nulla.
Non era nero il carbone
né tenera era la rosa.
Nulla era nulla, ancora.
Com’è ingenuo credere
che fu il passato di altri
e in altro tempo, ormai
irrevocabile, sempre!
No, il passato era nostro:
e nemmeno aveva nome.
Potevamo chiamarlo
a nostro piacere: stella,
colibrì, teorema,
invece che «passato»;
togliergli il suo veleno.
Un gran vento muoveva
verso di noi miniere,
continenti, motori.
Di che, miniere? Vuote.
Erano in attesa
del nostro primo desiderio,
per essere poi subito
di rame, di papaveri.
I porti, le città
galleggiavano sul mondo,
ancora senza un posto:
aspettavano che tu
dicessi loro: «Qui »,
per lanciare le navi,
le macchine, le feste.
Macchine impazienti
perché ancora senza meta;
ché avrebbero fatto la luce
se tu l’ordinavi,
o le notti d’autunno
se le volevi tu.
I verbi, indecisi,
ti guardavano negli occhi
come cani fedeli,
tremuli. Il tuo ordine
avrebbe poi segnato
il cammino, le azioni.
Salire? Rabbrividiva
la loro energia ignorante.
Era forse andare verso l’alto
« salire »? E andare verso dove
era «discendere »?
Con messaggi ad antipodi,
ad astri, il tuo ordine
avrebbe comunicato improvvisa
coscienza del loro essere.
di volare o trascinarsi.
Il grande mondo vuoto,
inerte, innanzi a te
stava: l’impulso
lo avresti dato tu.
E accanto a te, vacante,
non nato ancora, in affanno,
con gli occhi chiusi,
il corpo già preparato
per il dolore o il bacio.
con il sangue al suo posto,
io, in attesa
– ah, se non mi avessi guardato –
che tu mi amassi
e mi dicessi: «Ora».
Traduzione di Emma Scoles
da: “La voce a te dovuta” (Einaudi)
PEDRO SALINAS
XII
¡Qué gran víspera el mundo!
No había nada hecho.
Ni materia, ni números,
ni astros, ni siglos,… nada.
El carbón no era negro
ni la rosa era tierna.
Nada era nada, aún.
¡Qué inocencia creer
que fue el pasado de otros
y en otro tiempo, ya
irrevocable, siempre!
No, el pasado era nuestro:
no tenía ni nombre.
Podíamos llamarlo
a nuestro gusto: estrella,
colibrí, teorema,
en vez de así, “pasado”;
quitarle su veneno.
Un gran viento soplaba
hacia nosotros minas,
continentes, motores.
¿Minas de qué? Vacías.
Estaban aguardando
nuestro primer deseo,
para ser en seguida
de cobre, de amapolas.
Las ciudades, los puertos
flotaban sobre el mundo,
sin sitio todavía:
esperaban que tú
les dijeses: “Aquí”,
para lanzar los barcos,
las máquinas, las fiestas.
Máquinas impacientes
de sin destino, aún;
porque harían la luz
si tú se lo mandabas,
o las noches de otoño
si las querías tú.
Los verbos, indecisos,
te miraban los ojos
como los perros fieles,
trémulos. Tu mandato
iba a marcarles ya
sus rumbos, sus acciones.
¿Subir? Se estremecía
su energía ignorante.
¿Sería ir hacia arriba
“subir”? ¿E ir hacia dónde
sería “descender”?
Con mensajes a antípodas,
a luceros, tu orden
iba a darles conciencia
súbita de su ser,
de volar o arrastrarse.
El gran mundo vacío,
sin empleo, delante
de ti estaba: su impulso
se lo darías tú.
Y junto a ti, vacante,
Por nacer, anheloso,
Con los con los ojos cerrados,
Preparado ya el cuerpo
Para el dolor y el beso,
con la sangre en su sitio,
yo, esperando
¡ay, si no me mirabas!
a que tú me quisieses
y me dijeras: “Ya”.
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