A poche settimane dalla scomparsa di Leonard Cohen proponiamo un frammento del suo romanzo “Beautiful Losers” con la lettura dell’originale dell’autore. Il romanzo tradotto da Francesca Lamioni è stato pubblicato in Italia dalla minimun fax nel 2014. Leggiamo nella presentazione «Questo libro è una storia d’amore, un salmo, una messa nera, un monumento, una satira, una preghiera, uno strillo, una mappa per attraversare luoghi selvaggi, uno scherzo, un insulto di cattivo gusto, un’allucinazione, una noia, uno sfoggio irrilevante di virtuosismo malato; in breve, una sgradevole epopea religiosa di incomparabile bellezza».
“Beautiful Losers” è il secondo e ultimo romanzo di Leonard Cohen; fu scritto sull’isola greca di Hydra nell’estate del 1965, quando Cohen, già affermato poeta e autore di un romanzo d’esordio lodato dalla critica, attraversava il tormentato periodo di crisi spirituale che si sarebbe concluso di lì a poco con l’inizio della sua trionfale carriera di cantautore. Il romanzo ruota attorno a tre personaggi – il narratore, sua moglie defunta e un suo amico – coinvolti in un triangolo amoroso e ossessionati dalla figura di una santa pellerossa vissuta nel Canada del Seicento; più che seguire una trama lineare, si sviluppa come un flusso di coscienza o una serie di illuminazioni, mescolando i temi che saranno cari al Cohen musicista: la religione, il misticismo, l’eros, la critica alla società contemporanea. Accolto con un misto di scandalo e ammirazione dalla critica ufficiale, che lo paragonò subito alle opere di Joyce, Burroughs ed Henry Miller, amato da Lou Reed e dagli ambienti della controcultura americana, “Beautiful Losers” resta uno dei migliori esempi della prosa più visionaria e psichedelica degli anni Sessanta. Un nuovo piccolo gioiello offerto da Potlatch e da Casa della poesia.
Mi tormentavi come la luna. Sapevi che eri imprigionato ad antiche leggi di sofferenza e oscurità. Ho paura della saggezza degli storpi. Un paio di stampelle, uno zoppicare grottesco possono rovinare la passeggiata che ho iniziato in abito nuovo, appena sbarbato, fischiettando. Ti invidiavo la certezza che non avresti concluso niente. Bramavo la magia degli abiti stracciati. Ero geloso dei terrori che costruivo per te senza poi riuscire a tremare di fronte a me stesso. Non sono ma stato abbastanza ubriaco, mai abbastanza povero, mai abbastanza ricco. Tutto questo fa male, forse male abbastanza. Mi fa venire voglia di implorare conforto. Mi fa allungare le mani avanti, orizzontalmente. Sì, desidero essere Presidente della nuova Repubblica. Adoro sentire gli adolescenti armati che scandiscono il mio nome fuori dei cancelli dell’ospedale. Evviva la Rivoluzione! Che io sia Presidente per i miei ultimi trenta giorni.
Dove vai a passeggiare stasera, caro amico? Hai smesso di mangiare carne? Sei disarmato e vuoto, uno strumento della Grazia? Riesci a smettere di parlare? La solitudine ti ha condotto all’estasi?
C’era una profonda carità nel tuo modo di succhiarmelo. Lo odiavo, ne abusavo. Ma oso pensare che tu sia l’incarnazione delle mie maggiori aspirazioni. Oso pensare che produrrai la perla e giustificherai queste misere inquietudini che secerno. Questa lettera è scritta nel linguaggio antico e mi ha procurato non poco sconforto ricordare gli abusi obsoleti. Ho dovuto spingere la mia memoria fino a zone che avevo recintato con il filo spinato, dalle quali ho impiegato una vita per spostarmi. Comunque non rimpiango lo sforzo.
Il nostro amore non morirà mai, questo te lo prometto, io, che lancio questa lettera come un aquilone fra i venti del tuo desiderio. Siamo nati insieme e nei nostri baci confessavamo il desiderio di rinascere. Siamo stati abbracciati l’uno all’altro, ciascuno maestro dell’altro. Abbiamo cercato la tonalità particolare di ogni singola notte. Abbiamo provato a eliminare il rumore di fondo, soffrendo per il sospetto che il rumore di fondo facesse parte della tonalità stessa. Io ero la tua avventura e tu eri la mia avventura, Io ero il tuo viaggio e tu eri il mio viaggi, e Edith era la nostra cometa. Questa lettera scaturisce dal nostro amore come le scintille tra due spade in duello, come la pioggia di aghi da cembali scossi, come le lucenti perle di sudore che scivolano dal centro del nostro abbraccio, come le piume bianche che restano sospese nell’aria strappate agli artigli affilati dei galli bushido, come il sibilo fra due palline di mercurio che si avvicinano, come l’atmosfera piena di segreti che trasudano due gemelli. Io ero il tuo mistero e tu il mio mistero e abbiamo gioito nello scoprire che quel mistero era la nostra casa. Il nostro amore non può morire. Fuori dalla storia te lo vengo a dire. Come due mammut, con le zanne unite in una leale contesa alle soglie dell’era glaciale che avanza, ci siamo conservati a vicenda. Il nostro amore omosessuale mantiene chiari e definiti i contorni della nostra mascolinità, cosicché non portiamo altri che noi nei nostri rispettivi letti matrimoniali e le nostre donne finalmente ci conoscono.
Mary Voolnd ha finalmente ammesso la mia mano sinistra fra le pieghe dell’uniforme. Mi ha osservato comporre il paragrafo precedente, così l’ho lasciato proseguire smodatamente. Le donne amano l’eccesso nell’uomo perché lo separa dagli altri compagni e lo fa sentire solo. Tutto quello che le donne sanno sul mondo maschile è stato loro rivelato da profughi solitari ed eccessivi di questo mondo. Alle checche deliranti non sanno resistere per via della loro intelligenza altamente specializzata.
“Continua a scrivere,” sibila.
Mary mi ha voltato le spalle. I palloncini gridano come fischietti che segnalano la fine di ogni turno. Mary fa finta di ispezionare un grande tappeto tessuto da un paziente, facendo scudo in questo modo al nostro gioco prezioso. lento come una lumaca spingo la mia mano, col palmo verso il basso, lungo la ruvida calza attillata lunga la parte posteriore della sua coscia. La tela della sua gonna è ruvida e fresca contro le mie nocche e le mie unghie, la coscia inguainata è calda, curva, un po’ umida come una pagnotta di pane bianco fresco.
“Più su,” sibila.
Non ho fretta. Caro amico, non ho fretta. Sento che lo farò per tutta l’eternità. Le sue natiche si contraggono con impazienza, come due guantoni da box che si toccano prima dell’inizio del match. La mia mano si ferma per cavalcare l’onda dei sussulti sulla coscia.
“In fretta,” sibila.
Sì posso decifrare dalla tensione delle calze che mi sto avvicinando alla penisola attaccata al gancio della giarrettiera. Viaggerò lungo tutta la penisola, con la pelle bollente su entrambi i lati, poi salterò giù dal gancio a forma si capezzolo. La fibra delle calze si stende. Unisco le dita per evitare un contatto prematuro. Mary si sta agitando e mette in pericolo il viaggio. Con l’indice esploro il gancio della giarrettiera. È caldo. La piccola fibbia di metallo, il bottone di gomma – tutto emana calore.
“Dài, dài,” sibila lei.
Come angeli sulla capocchia di uno spillo, le mie dita danzano sul bottone di gomma. Da che parte salterò. verso l’esterno coscia, duro, caldo come il guscio di una tartaruga tropicale sulla spiaggia? O verso il caos melmoso nel mezzo? O mi aggrapperò come un pipistrello allo sporgente masso rotondo della sua natica destra? C’è molta umidità su per la sua gonna bianca inamidata. È come uno di quegli hangar per gli aerei all’interno dei quali si formano nuvole e cade una vera e propria pioggia. Mary sta agitando il culo come uno di quei salvadanai fatti a maialino, con dentro una moneta d’oro. Stanno per avere inizio le inondazioni. Scelgo di stare nel mezzo.
“Sììììììì.”
Un brodo delizioso mi cuoce la mano. Geyser viscosi mi inondano il polso. Una pioggia magnetica mette alla prova il mio Bulova. Si dimena per trovare la posizione, poi mi balza sul pugno come una rete per gorilla. Mi sono insinuato tra i suoi peli bagnati, stringendoli tra le dita come zucchero filato. Ora sono circondato da un’esuberanza artesiana, trine a forma di capezzolo, innumerevoli cervelli a forma di lampadina, pulsanti costellazioni di cuori mucosi. Umidi messaggi in alfabeto Morse risalgono il mio braccio, s’impossessano della mia testa intellettuale, ancora, ancora, mettono in comunicazione parti assonnate del cervello scuro, eleggono nuovi sovrani felici per gli esausti pretendenti della mia mente. Sono una foca che improvvisa ondulazioni in un grande acquario elettrico, sono i fili di tungsteno che bruciano nei mari della lampadina, sono una creatura della grotta di Mary, sono la spuma dell’onda di Mary, le chiappe dell’infermiera Mary applaudono avidamente mentre lei fa manovre per piazzare il buco del culo sull’osso del mio braccio mentre la rosa del retto scivola su e giù come il sogno di un patito del corrimano.
“Cic ciac cic ciac.”
Non siamo felici? Nonostante facciamo rumore, nessuno di sente, ma questo è un piccolo miracolo in mezzo a un dono così generoso, così sono le corone di arcobaleno che sovrastano tutti i crani, nient’altro che piccoli miracoli. Mary mi guarda da sopra la spalla, ringraziandomi con gli occhi rovesciati, bianchi come gusci d’uovo e un sorriso meravigliato come la bocca spalancata di un pesce rosso. Nel sole dorato dell’Ergoterapia tutti credono di essere geni incompresi e offrono ceste, posacenere di ceramica, borsellini di cuoio intrecciati sull’altare radioso della loro salute perfetta.
Caro amico, puoi inginocchiarti mentre leggi questo, perché ora sto per arrivare al dolce fardello della mia tesi. Non sapevo che cosa ti dovevo dire, ma ora lo so. Non sapevo che cosa volevo proclamare, ma ora ne sono sicuro. Tutti i miei discorsi erano una prefazione a questo, tutti i miei esercizi non servivano ad altro che a schiarirmi la voce. Confesso di averti torturato ma solo per dirigere la tua attenzione verso questo punto. Confesso di averti tradito ma solo per richiamare il tuo interesse. In ogni nostro bacio e in ogni nostra succhiata era questo, tesoro di sempre, che intendevo sussurrarti.
Dio è vivo. La Magia è in azione. Dio è vivo. La Magia è in azione. Dio è in azione. La Magia è viva. Essere vivi è azione. La magia non è mai morta. Dio non si è mai ammalato. Molti poveri uomini meschini hanno mentito. Molti uomini malati hanno mentito. La Magia non si è mai indebolita. La Magia non si è mai nascosta. La Magia ha sempre regnato. Dio è in azione. Dio non è mai morto. Dio regnava anche se il suo funerale tirava per le lunghe. Benché le fila di chi era in lutto fossero sempre di più, la Magia non è mai scappata. Benché si mostrassero i suoi sudari il Dio nudo continuava a vivere. Benché le sue parole fossero travisate la Magia nuda prosperava. Benché la sua morte fosse annunciata in tutto il mondo il cuore non vi ha creduto. Molti uomini feriti si sono interrogati. Molti uomini colpiti hanno perso sangue. La Magia non ha barcollato. La Magia è sempre stata una guida. Molte pietre sono rotolate, ma Dio non è crollato. Molti uomini feroci hanno mentito. Molti uomini grassi hanno ascoltato. Sebbene le offrissero pietre, la Magia continuava ad avere nutrimento. Sebbene abbiano sprangato gli scrigni, Dio è stato sempre servito. La magia è in azione. Dio regna. Esser vivi è azione. Esser vivi è avere il comando. Molti uomini deboli hanno sofferto la fame. Molti uomini forti hanno prosperato. Benché ostentassero con orgoglio la solitudine. Dio era al loro fianco. Né il sognatore nella cella, né il comandante sulla collina. La Magia è viva. Benché la sua morte fosse perdonata in tutto il mondo, il cuore non vi ha creduto. Benché le leggi fossero scolpite nella pietra, non potevano tutelare gli uomini. Benché gli altari fossero eretti nei parlamenti, non potevano dare ordini agli uomini. La polizia ha arrestato la Magia e la Magia l’ha seguita perché la Magia ama chi ha fame. Ma la Magia non indugia. Passa di braccio in braccio. Non può restare con loro. La Magia è in azione. Non può arrivare a fare del male. Riposa su un palmo vuoto. Si espande in una mente vuota. Ma la Magia non è uno strumento. La Magia è il fine. Molti uomini hanno spinto la Magia ma la Magia è restata indietro. Molti uomini forti hanno mentito. Hanno solo attraversato la Magia e ne sono usciti dall’altra parte. Molti uomini deboli hanno mentito. Si sono rivolti a Dio in segreto e anche se l’hanno lasciato nutrito non hanno detto chi era stato a guarire. Benché le montagne danzassero davanti ai loro occhi, hanno detto che Dio era morto. Benché si mostrassero i suoi sudari, il Dio nudo continuava a vivere. Questo voglio sussurrare alla mia mente. Di questo voglio ridere nella mia mente. Questo voglio che la mia mente serva finché il servizio non sarà altro che la Magia che si muove nel mondo, e la mente stessa sarà la Magia che passa attraverso la carne, e la carne stessa sarà la Magia che danza su un orologio, e il tempo stesso sarà la Magia dell’Estensione di Dio.
Caro amico di sempre, non sei felice? Solo tu ed Edith sapete per quanto tempo ho aspettato questa lezione.
“Accidenti,” mi sputa addosso Mary Voolnd.
“Cosa?”
“La tua mano si è afflosciata. Stringi!”
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