La poesia della settimana è dedicata ad un grande poeta contemporaneo, nato a Belgrado e immigrato con la famiglia negli Stati Uniti negli anni ’50 e diventato una delle più belle ed originali voci del panorama internazionale, Charles Simic. La poesia scelta è “Sasso / Stone“. La traduzione, di Andrea Molesini, è tratta dal volume Adelphi “Hotel Insonnia”. Ha scritto Simic: “Le parole fanno l’amore sulla pagina come mosche nella calura estiva e il poeta non ne è altro che lo spettatore stupefatto.”. In questa pagina è possibile come al solito, oltre a leggere la traduzione, il testo originale, ascoltare la poesia letta dall’autore. La foto di copertina è di Dino Ignani. Prosegue l’impegno di Casa della poesia e di Potlatch per una cultura libera, democratica, condivisa.
Charles Simic
Ragazzo prodigio
Sono cresciuto chino
su una scacchiera.
Amavo la parola scaccomatto.
Il che sembrava impensierire i miei cugini.
Era piccola la casa,
accanto a un cimitero romano.
I suoi vetri tremavano
per via di carri armati e caccia.
Fu un professore di astronomia in pensione
che m’insegnò a giocare.
L’anno, probabilmente, il ’44.
Lo smalto dei pezzi che usavamo,
quelli neri,
era quasi del tutto scrostato.
Il re bianco andò perduto,
dovemmo sostituirlo.
Mi hanno detto, ma non credo che sia vero,
che quell’estate vidi
gente impiccata ai pali del telefono.
Ricordo che mia madre
spesso mi bendava gli occhi.
Con quel suo modo spiccio d’infilarmi
la testa sotto la falda del soprabito.
Anche negli scacchi, mi disse il professore,
i maestri giocano bendati,
i campioni, poi, su diverse scacchiere
contemporaneamente.
Traduzione: Andrea Molesini
Charles Simic
Prodigy
I grew up bent over
a chessboard.
I loved the word endgame.
All my cousins looked worried.
It was a small house
near a Roman graveyard.
Planes and tanks
shook its windowpanes.
A retired professor of astronomy
taught me how to play.
That must have been in 1944.
In the set we were using,
the paint had almost chipped off
the black pieces.
The white King was missing
and had to be substituted for.
I’m told but do not believe
that that summer I witnessed
men hung from telephone poles.
I remember my mother
blindfolding me a lot.
She had a way of tucking my head
suddenly under her overcoat.
In chess, too, the professor told me,
the masters play blindfolded,
the great ones on several boards
at the same time.
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