La prima poesia della settimana del nuovo anno nasce da un grande dolore, da una tragedia che colpisce la nostra comunità. Guadalupe Grande, figlia di Francisca Aguirre e Felix Grande, dopo di loro, ci ha lasciato all’improvviso. Incredulità, dolore e lacrime per quella che era per noi una sorella, oltre che una poetessa e un’intellettuale di prima qualità. Ora lei, Paca e Felix, riunita la loro famiglia, continueranno a scrivere i loro versi. La ricordiamo in tante occasioni vissute insieme, a Napoli, Salerno, Baronissi, Sarajevo, in una bellissima serata a Cetara mangiando il “cuoppo fritto”, ma soprattutto abbiamo una bella immagine nella mente: Guadalupe serena, mentre asciuga i suoi capelli al sole nel cortile-giardino di Casa della poesia. Riposa in pace cara Lupe, non ti dimenticheremo. La poesia scelta è “Portico / Pórtico“, la traduzione di Raffaella Marzano è tratta dal bel libro pubblicato dalla nostra Multimedia Edizioni “Mestiere senza crisalide“. La foto di copertina è di Salvatore Marrazzo con Lupe proprio nel giardino-cortile di Casa della poesia e anche la registrazione è stata realizzata in quei giorni felici. Prosegue l’impegno di Potlatch e di Casa della poesia per una cultura condivisa e per la conservazione della memoria e dei versi di poeti che non ci sono più ma che restano sempre con noi.
Guadalupe Grande
Portico
Sarà verso questa luce? vivere è veder tornare, sicché il ritorno,
tornare per vivere,
ritornare con la pupilla di altri giorni allo sguardo di oggi,
come tornano le piante alla luce, come ritorna la foglia alla radice, come giunge il seme al frutto per sua intima volontà.
Tutti se ne sono andati e resta solo tornare.
Non è il ballo della memoria, non sono i passi del ricordo, non è l’ombra di quel che non c’è più,
è la luce in cui solo il ritorno accade.
Ti vedo tornare.
Sai che tutti se ne sono andati e la mano piccola restò nella crepa del muro quando conservava la scatola delle ultime cose: la crisalide della libellula, la cicatrice di neve, la lettera che non spedisti, la chiave di nebbia, la collezione di francobolli per le amanti del padre, il filo che conservava tua madre per il labirinto, le unghie del gatto morto, il disco che sempre suona, mateo, mateo, por qué no me supiste esperar, la fotografia della sedia in cui ti siedi a guardare il mondo, una felce di cristallo, la spiga d’oro e il becco del merlo e l’ombra invisibile dell’allodola (petali secchi per l’amore, nido di lievito).
Parole,
un quaderno per ciascuna parola,
e la luce azzurra del pentagramma, je reviens, je reviens
e l’angelo che ti aspettava ogni mattina nell’autobus della scuola e che solo adesso puoi vedere.
Tutti se ne sono andati e resta solo tornare,
sentinella nella penombra della pelle, ritorno muto della luce e erbaroma che attraversa l’infanzia e la sua cicatrice.
Resta nella crepa del muro la piccola bara per la tua mano, le ultime cose in un caleidoscopio incessante che gira lentamente nella penombra dei giorni, fumo e ombra nel loro labirinto di specchi, piccoli insetti, ultimi gesti della vita là, frammenti di tracce, quaderni per la calligrafia del tempo.
Traduzione: Raffaella Marzano
Guadalupe Grande
Pórtico
¿Será hacia esta luz?, vivir es ver volver, entonces el regreso,
regresar para vivir,
retornar con la pupila de otros días a la mirada de hoy,
como regresan las plantas a la luz, como retorna la hoja a la raíz, como llega la semilla al fruto de su íntima voluntad.
Todos se han ido y sólo queda regresar.
No es el baile de la memoria, no son los pasos del recuerdo, no es la sombra de lo que ya no está,
es la luz en la que sólo acontece el regreso.
Te veo volver.
Sabes que todos se han ido y la mano pequeña se quedó en la grieta del muro cuando guardaba la caja de las últimas cosas: la crisálida de la libélula, la cicatriz de nieve, la carta que no enviaste, la llave de niebla, la colección de sellos para las amantes del padre, el hilo que guardaba tu madre para el laberinto, las uñas del gato muerto, el disco que siempre suena, mateo, mateo, por qué no me supiste esperar, la fotografía de la silla donde te sientas a mirar el mundo, un helecho de cristal, la espiga de oro y el pico del mirlo y la sombra invisible de la alondra (pétalos secos para el amor, nido de levadura).
Palabras,
un cuaderno para cada palabra,
y la luz azul del pentagrama, je reviens, je reviens
y el ángel que te esperaba cada mañana en el autobús del colegio y que sólo ahora puedes ver.
Todos se han ido y sólo queda regresar,
centinela en la penumbra de la piel, regreso mudo de luz y hierbaroma que atraviesa la infancia y su cicatriz.
Queda en la grieta del muro el pequeño ataúd para tu mano, las últimas cosas en un calidoscopio incesante que gira despacio en la penumbra de los días, humo y sombra en su laberinto de espejos, pequeños insectos, últimos gestos de la vida allí, fragmentos de rastros, cuadernos para la caligrafía del tiempo.
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