Riproponiamo come “poesia della settimana” “Claridad sin descanso / Chiarore senza riposo“ di Antonio Gamoneda (1931, Oviedo), uno dei massimi poeti contemporanei di lingua spagnola (Premio Castilla y Leon de las Letras, 1985, Premio Nazionale di Poesia, 1988, Premio Regina Sofia di Poesia Iberoamericana, XV edizione, Premio Cervantes, 2006). Abbiamo avuto la fortuna e l’onore di conoscere ed invitare Gamoneda anni fa a Napolipoesia. Incontri internazionali (2001) al Maschio Angioino. Potete leggere la poesia in lingua originale, in traduzione (di Raffaella Marzano), ma soprattutto vi consigliamo di ascoltarla dalla voce del poeta. La registrazione è stata effettuata nel corso di Napolipoesia nel 2001 e fa parte del gigantesco archivio sonoro di Casa della poesia. La foto di copertina è di Fernando Sanz, Prosegue l’impegno di Casa della poesia e di Potlatch per una cultura libera e condivisa.
Antonio Gamoneda
Chiarore senza riposo
Vidi lavande sommerse in un lago di sangue e questa visione arse in me.
Oltre la pioggia vidi serpenti infermi, belli nelle loro ulcere trasparenti; frutti minacciati da spine e ombre e fiori eccitati dalla rugiada. Vidi un usignolo agonizzante e la sua gola piena di luce.
La realtà è il mio pensiero. Sto sognando l’esistenza ed è un giardino torturato. Ma morirò. Frattanto, passano davanti a me madri incanutite nella vertigine.
Il mio pensiero è anteriore all’eternità ma non c’è eternità. Ho consumato la mia gioventù davanti ad una tomba vuota; mi sono estenuato in domande che ancora battono in me come un cavallo che galoppi tristemente nella memoria.
Ancora mi aggiro in me stesso sebbene sappia che ormai cadrò nella freddezza
del mio stesso cuore.
Così è la vecchiaia: ore incomprensibili, chiarore senza riposo.
Traduzione di Raffaella Marzano
Antonio Gamoneda
Claridad sin descanso
Vi lavandas sumergidas en un cuenco de sangre y esta vision ardió en mi.
Má allá de la lluvia vi serpientes enfermas, bellas en sus úlceras transparentes; frutos amenzados por espinas y sombra y flores excitadas por el rocío. Vi un ruiseñor agonizante y su garganta llena de luz.
La realidad es mi pensamiento. Estoy soñando la existencia y es un jardin torturado. Pero voy a morir. Entretanto, pasan ante mí madres encanecidas en el vértigo.
Mi pensamiento es anterior a la eternidad pero no hay eternidad. He gastado mi juventud ante una tumba vacía; me he extenuado en preguntas que aún percuten en mí come un caballo que galopase tristemente en la memoria.
Todavía giro dentro de mi mismo aunque sé que ya voy a caer en la frialdad de mí propio corazón.
Así es la vejez: horas incomprensibles, claridad sin descanso
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