La poesia della settimana è l’intensa, commovente e sentita “Odore umano / Vonj po človeku” di Barbara Korun, una delle figure più importanti della contemporanea poesia slovena. La traduzione è della grande Jolka Milič, da poco venuta a mancare e fa parte del volume dal titolo omonimo, ultima collaborazione e ultima fatica dell’amata Jolka, che sarà pubblicato a breve da Multimedia Edizioni. La poesia segue un periodo di silenzio dopo l’esperienza fatta dalla poetessa in un campo di migranti al confine tra Slovenia e Croazia. È stato necessario prima elaborare dolore e partecipazione, distanziare nel tempo questa fortissima esperienza prima di riuscire a scriverne. Come al solito in questa pagina trovate il testo in italiano, in lingua originale e vi consigliamo di ascoltare la bella lettura dell’autrice. La foto di copertina è di Šimen Zupančič, la registrazione dagli archivi di Casa della poesia che continua in Potlatch l’impegno per una cultura libera e condivisa.
Barbara Korun
Odore umano
Baronissi, nel giardino di Casa della poesia, Via Convento 21A
Ormai da giorni rimugino sul mio resoconto
del lavoro svolto con i profughi
non ce la faccio proprio a metterlo sulla carta
quell’odore
odore di gente di creature umane
quell’odore dolciastro
un misto di urina di vomito di sangue mestruale
di sangue di feci di sudore di gente spaventata
ormai da giorni rumino questo resoconto
nei sogni è il resoconto a ruminare me
mi perseguita
insomma come dire
«Per loro tutto può andar bene!»
il sudicio pavimento di cemento
i vestiti fradici
le interminabili attese in fila
esattamente in una fila
2000 persone in un’unica fila
una dietro l’altra per ore e ore
per 2 pezzi di pane pesce in scatola
una mela e mezzo litro di latte
per l’acqua per mezzo litro d’acqua
ormai da giorni rumino questo rapporto
già da giorni mi tormento come comporlo
insomma come raccontare
che la gente mi faceva segno
sono affamato sono affamata siamo affamati
dimagriti stanchi sporchi rassegnati
come raccontare
che li sorvegliavamo come i peggiori
e i più pericolosi nemici
avvertendo la gente del luogo di non lasciar
passare i loro animali dove erano passati loro
potrebbero contrarre malattie terribili
la tubercolosi, il colera, la scabbia, i pidocchi
«Neanche per sogno! Non sperate davvero che io vada
a pulire le tende finché c’è anche uno solo di quella marmaglia infernale!»
sbraitava una signora anziana mandata dai servizi sociali
«Non voglio avere a che fare con loro,
che tornino là da dove sono venuti!» strillava a notte fonda
durante una delle notti più serene nel campo
svegliandosi di soprassalto dal placido
sonno dei giusti
come raccontare
come descrivere la scena iniziale
quando son giunta per la prima volta alla fabbrica Beti
la mattina presto prima dell’alba
nei campi vicini silenzio nebbia
in lontananza invece fasci di luce dei fari
elicotteri suono insistente di sirene veicoli della
polizia esercito con i loro furgoni e camionette
armati fino ai denti agenti specializzati con
passamontagna nero sul viso e il casco in testa
muniti di giubbotti antiproiettile mitragliatrici
rivoltelle sfollagente scudi e volti mascherati
perfino i membri del servizio umanitario
con guanti e maschere da naso e bocca
eppure dappertutto quell’odore
quell’odore intenso e dolciastro
odore umano
che non scorderò mai
Traduzione: Jolka Milič
Barbara Korun
Vonj po človeku
Baronissi, na vrtu Case della poesia, Via Convento 21A
že dneve žvečim svoje poročilo
o delu z begunci
nikakor ga ne spravim na papir
tega vonja
vonja po ljudeh po človeku
tega ostrega in sladkastega vonja
mešanice urina izbljuvkov menstruacijske krvi
krvi izrebkov potu prestrašenih ljudi
že dneve žvečim to poročilo
me v sanjah žveči poročilo
me preganja
kako naj povem
»Zanje je vse dobro!«
umazana betonska tla
mokre obleke
neskončna čakanja v vrsti
natančno v eni vrsti
dva tisoč ljudi v eni sami vrsti
drug za drugim ure in ure
za dva kosa kruha ribjo konzervo
jabolko in pol litra mleka
in za vodo za pol litra vode
že dneve žvečim to poročilo
že dneve se mučim z njim
kako naj povem
da so mi ljudje kazali z roko
lačen sem lačna sem lačni smo
shujšani utrujeni umazani vdani
kako naj povem
kako smo jih stražili kot najhujše
najnevarnejše sovražnike
kako smo za njimi dezinficirali poti
po radiu svarili tamkajšnje stanovalce
naj ne spuščajo svojih hišnih ljubljenčkov ven
lahko bi se nalezli grozovitih bolezni
tuberkoloze, kolere, garij, uši
»Živa ne grem pospravljat v šotor, dokler so tam
ti peklenščki!« je vpila priletna gospa
zaposlena v taborišču preko javnih del
»Ničesar nočem imet z njimi, naj se poberejo tja,
od koder so prišli!« je vreščala sredi noči
sredi najbolj mirne noči v taborišču
ko se je zbudila iz spanca
pravičnega
kako naj povem
kako naj opišem prvi prizor
ko sem prvič prišla v tovarno Beti
zjutraj pred zoro
na poljih tišina megla
v daljavi pa svetloba iz žarometov
helikopterji zavijanje siren policijski
avtomobili vojska s svojimi kamioni
do zob oboroženi specialci s črno
kapo čez obraz v čeladah in neprebojnih
jopičih in mitraljezi revolverji
pendreki ščiti in zakriti obrazi
celo humanitarci z rokavicami
in z maskami čez nos in usta
in vendar povsod ta vonj
ta globoki ostri in sladkasti vonj
vonj po človeku
nikoli ga ne bom pozabila
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