La poesia della settimana è dedicata ancora una volta a Jack Hirschman, amico fratello, compagno, a cui Casa della poesia deve davvero molto del proprio essere. Dal vasto archivio di registrazioni di Casa della poesia abbiamo trovato un frammento bellissimo di una sua lettura di un Arcano scritto in memoria del padre Stephen D. Hirschman (Shupsl in yiddish) morto il 17 luglio 1994. L’Arcano di Shupsl, contiene molti riferimenti alla via ebraica compreso il canto funebre finale L’olam u’lolmai olmaya (in aramaico, dal Kaddish, canto funebre per i morti, “per sempre e per tutta l’eternità”). La registrazione è stata realizzata a Casa della poesia qualche anno fa, la traduzione è di Mariella Setzu e Raffaella Marzano e fa parte del volume “28 Arcani” (Multimedia Edizioni, 2014), nel quale naturalmente è compreso tutto il lungo Arcano. La foto di copertina è di Salvatore Marrazzo. Continua l’impegno di Casa della poesia e di Potlatch per una cultura libera, condivisa e resistente.
(…)
I suoi occhi ancora animati sebbene sotto sedativo,
qualche parvenza di risposta che continua,
il suo petto congestionato leggermente ma congestionato,
il suo braccio destro che lentamente s’incrocia sul petto
per toccare il palpito del cuore.
Old Man River nel suo orecchio.
Nature Boy nel suo orecchio.
Nature Boy in russo nel suo orecchio.
L’Ode alla gioia nel suo orecchio.
E un motivetto inventato di in bocca al lupo da musica leggera per finire.
Tutto rimarcato dalle virgole e accenti circonflessi delle sue sopracciglia
con, a volte, un quasi comico piegare in basso l’angolo della bocca
alla barrymore o un ironico
commento silenzioso sulle canzoni o le parole,
la cavità delle sue guance che adesso si approfondiscono,
la sua faccia sempre più come quella di Mollie
sua madre nella luce tetra
di un appartamento al sesto piano senza ascensore.
E mi ritrovo piangendo per tutto il Bronx,
Longwood e Wheeler Hunt’s Point West Farms Road,
i tronchi imputriditi che rimangono del vecchio Starlight Park,
le foglie estive mangiate dagli scarafaggi nel lotto di terreno all’angolo
tra la 180esima Strada e Morris Park Avenue,
Tralicci e verande, bambini dappertutto sui canali di scolo,
le scale antincendio delle case popolari Ruiz Carmen Unisex
lanciatore-battitore-ricevitore potsy biciclette ghiaccio caldo
scure yentas quieti graffiti pentacostali di sinagoga
da cui scorrono lacrime il vecchio Coliseum il Fiume
la Soundview street dove io per la prima volta pattinai
radendo liscio mentre i rami di piegavano…
È giusto andarsene?
Abbiamo abbandonato la Morte?
Si può scampare alla Morte?
Naturalmente
no.
L’olam u’lolmai olmaya.
Continua, tu uomo profondo.
Tu conti
perché nulla è
tutto.
L’olam u’lolmai olmaya.
Sono solo. Ognuno è solo.
A vivere il lancio del
dado. A far girare
la ruota di lino.
L’olam u’lolmai olmaya.
O fuso di
raggi celesti.
La bocca adesso là,
la voce adesso là,
la scopa sta spazzando,
la scopa di lino,
la scopa di raggi
che spazza via,
spazza via,
ripulisce
il futuro,
rimette a nuovo.
L’olam u’lolmai olmaya.
(1994)
Traduzione di Mariella Setzu e Raffaella Marzano
(…)
His eyes still animated though under sedation,
some theater of response going on,
his chest congesting faintly but congesting,
his right arm slowly crossing his chest
to touch the flutter of his heart.
Old Man River in his ear.
Nature Boy in his ear.
Nature Boy in Russian in his ear.
Ode to Joy in his ear.
And a made-up break-a-leg tinpan-alley tune to exit on.
All notated by his eyebrows’ commas and circumflexes
with, at times, a corner-of-the-mouth almost
comical barrymore downturn or silent ironic
comment on the songs or the words,
the hollows in his cheeks deepening now,
his face more and more like Mollie’s
his mother’s in the dusky light
of a sixth-floor walk-up.
And I find myself weeping allover The Bronx,
Longwood and Wheeler Hunt’s Point West Farms Road,
the still remaining rotwood of old Starlight Park,
the beetle-eaten summer leaves in the corner lot
at 180th Street & Morris Park Avenue,
the trestles and stoop, kids allover the gutters,
the fire-escapes Ruiz Carmen Unisex tenements
pitcher-batter-catcher potsy bikes hot ice
dark yentas still synagogal pentacostic graffiti
running with tears the old Coliseum the River
the Soundview street where I first skatewheeled
smooth as the boughs bent…
Is right to go?
Is Death left?
Can Death be escaped?
Of course
not.
L’olam u’lolmai olmaya.
Go on, you deep-in
one. You count
for nothing’s
everything.
L’olam u’lolmai olmaya.
I’m alone. Each alone.
To live the die
cast. To spin
the flaxen wheel.
L’olam u’lolmai olmaya.
O spindle of
heavenly beams.
The mouth now there,
the voice now there,
the broom is sweeping,
the flaxen broom,
the broom of beams
sweeping away,
sweeping away,
making clean
the future,
making anew.
L’olam u’lolmai olmaya.
(1994)
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