La poesia della settimana è di Jack Kerouac, un suo omaggio a Charlie Parker scritto poco dopo la morte del grande sassofonista avvenuta nel 1955. “Desidero essere considerato un poeta jazz che suona un lungo blues in una jam session la domenica pomeriggio” scrive Jack Kerouac, poeta, romanziere, visionario, bevitore, buddista, vagabondo, “angelo di desolazione”, beat. Per i poeti di quella generazione il jazz e soprattutto il be-bop rappresentano una nuova visione comune che crea una frattura con i valori ed i linguaggi dominanti. Fernanda Pivano ha scritto “Leggere (meglio se ad alta voce) una pagina di Kerouac è come ascoltare un assolo di Charlie Parker: il fraseggio dell’uno è quello dell’altro, le pause sono ridotte al minimo, il brano (s)corre tutto d’un fiato (salvo interrompersi bruscamente), poco importa se battuto sui tasti di una macchina per scrivere o su quelli di un sax”. La bellissima lettura di Jack Kerouac è accompagnata dal pianoforte di Steve Allen. La poesia in realtà mette insieme tre Chorus (239, 240, 241) dei “Mexico City Blues”. La traduzione è di Carlo A. Corsi. Prosegue l’impegno di Casa della poesia e di Potlatch per una cultuta libera e condivisa.
Jack Kerouac
CHARLIE PARKER
Charlie Parker assomigliava a Budda
Charlie Parker, morto di recente
Mentre rideva di un giocoliere in Tv
dopo settimane di tensione e malattia,
era chiamato il Musicista Perfetto.
E l’espressione sul suo volto
Era calma, bella e profonda
Come l’immagine di Budda
Rappresentata in Oriente, gli occhi socchiusi,
L’espressione che dice «Tutto va bene»
– Questo diceva Charlie Parker
Quando suonava, Tutto va bene,
Si provava la sensazione del mattino presto
Come la gioia di un eremita, o come
il grido perfetto
Di qualche banda scatenata ad una jam session
«Straziaci, dai» – Charlie si faceva scoppiare
I polmoni per raggiungere la velocità
Di quel che volevano gli anfetaminici
E quel che volevano
Era il suo Eterno Rallentamento.
Un grande musicista e un grande
creatore di forme
Che alla fine trovano espressione
Nei bis e così via.
Musicalmente importante come Beethoven,
Tuttavia non valutato affatto come tale,
Un gentile direttore d’orchestra
d’archi
Di fronte alla quale stava
Orgoglioso e calmo, come un direttore
di musica
Nella Grande Notte Storica del Mondo,
E faceva gemere il suo piccolo sassofono,
L’Alto con un penetrante chiaro
lamento
In tono perfetto & brillante armonia,
Toot – mentre gli ascoltatori reagivano
Senza mostrarlo, e cominciavano a chiacchierare
E presto tutta la baracca è rocking
E tutti parlano e Charlie
Parker
Li porta fischiettando sull’orlo dell’eternità
Con la sua mazza flautata dell’irlandese
San Patrizio,
E come la santa piscia ruzzoliamo
E caschiamo nelle acque del
macello
E carne bianca, moriamo
Uno dopo l’altro, a tempo.
E quant’è dolce una storia
Quando è Charlie Parker
a raccontarla,
In dischi o in jam session
O in apparizioni ufficiali nei night,
Buchi nel braccio per il portafoglio,
allegramente lui suonava il
clarino
perfetto
Ma poi che differenza c’era.
Charlie Parker, perdonami –
Perdonami se non rispondo ai tuoi occhi –
Se non ho reso bene
Ciò che sai escogitare –
Charlie Parker, prega per me –
Prega per me e per tutti
Nei Nirvana della tua mente
Dove ti celi, indulgente e immenso,
Non più Charlie Parker
Ma il segreto nome ineffabile
Che porta con sé valori
Non misurabili da qui
In alto, basso, est, o ovest –
– Charlie Parker, libera dalla sventura,
me e ogni corpo
Traduzione: Carlo A. Corsi
Jack Kerouac
CHARLIE PARKER
Charlie Parker looked like Buddha.
Charlie Parker, who recently died
Laughing at a juggler on TV
after weeks of strain and sickness,
was called the Perfect Musician.
And his expression on his face
Was as calm, beautiful, and profund
As the image of the Buddha
Represented in the East, the lidded eyes,
The expression that says: «All is Well»
This was what Charlie Parker
Said when he played, All is Well.
You had the feeling of early-in-the-morning
Like a hemit’s joy, or like
the perfect cry
Of some wild gang at a jam session
«Wail! Wop» – Charlie burst
his lungs to reach the speed
Of what the speedsters wanted
And what they wanted
Was his Eternal Slowdown.
A great musician and a great
creaTor of forms
That ultimately find expression
In mores and what-have-you.
Musically as important as Beethoven
Yet not regarded as such at all,
A genteel conductor of string
orchestras
In front of wich he stood,
Proud and calm, like a leader
of music
In the Great HistoriC World Night,
And wailed his little saxophone,
The alto with piercing clear
lament
In perfect tune & shining harmony,
Toot – as listeners reacted
Without showing it, and began talking
And soon the whole joint is rocking
And everybody talking and Charlie
Parker
Whistling them on to the brink of eternity
With his Irish St. Patrick
patootle stick,
And like the holy mists we blop
And we plop in the waters of
slaughter
And white meat, and die
One after one, in time.
And how sweet a story it is
When you hear Charlie Parker
tell it,
Either on records or at sessions
Or at official bits in clubs,
Shots in the arm for the wallet,
Gleefully he Whistled the
perfect
horn
Anyhow, made no difference.
Charlie Parker forgive me.
Forgive me for not answering your eyes –
For not having made an indication
Of that which you can devise –
Charlie Parker, pray for me –
Pray for me and everybody.
In the Nirvanas of your brain
Where you hide, indulgent and huge,
No longer Charlie Parker
But the secret unsayable name
That carries with it merit
Not to be measured from here
To up, down, east, or west –
– Charlie Parker, lay the bane,
off me, and every body
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