Il nuovo appuntamento con “la poesia della settimana”, il secondo del mese di febbraio, è dedicato ad uno dei massimi poeti ed intellettuali dell’America Latina: Jorge Enrique Adoum. Scomparso nel 2009 è stato uno degli amici più cari di Casa della poesia. La poesia scelta è la sezione VII del poemetto “Cartoline del Tropico con donne” (Postales del Trópico con mujeres). La traduzione di Raffaella Marzano, è parte del libro “L’amore disinterrato e altre poesie” (Multimedia Edizioni). Bella e intensa la lettura che vi consigliamo di ascoltare. La registrazione della lettura di Adoum è stata realizzata a Casa della poesia nel corso di “Latinoamericapoesia” nel 2004. La foto di copertina è di Andrea Pecchioli. Prosegue l’impegno di Casa della poesia e di Potlatch con una cultura libera e condivisa.
Jorge Enrique Adoum
CARTOLINE DEL TROPICO CON DONNE
VII
Quando tende i piedi e non arriva ai pedali
diventa donna d’un colpo dai due lati,
le si allungano le gambe prima del tempo
e le si solleva la gonna prima dell’ora.
Le alunne più povere la seguono in stormo
correndo dietro la ruota. Lei avanza lasciando
la statua successiva della sua assenza, proprietaria
di cosce precoci e fugaci e dell’unica
bicicletta da donna del villaggio.
(Quando si rattrista è perché è cresciuta, e frena.)
A turno, le altre bimbe si arrampicano sul sellino, cadono,
sono più piccole a terra e da lì le invidiano
forse la bicicletta, chissà le gambe lunghe.
Arrivano le ragazze delle ultime classi
che già non portano più la treccia e si coprono i seni
con libri e quaderni riservandosi per qualcuno.
E lei, come se fosse una di loro, le lascia salire,
“fino al palo, e poi basta” non sia mai che diventino
donne allo svoltare l’angolo e non ritornino più.
Traduzione di Raffaella Marzano
Jorge Enrique Adoum
POSTALES DEL TRÓPICO CON MUJERES
VII
Cuando estira los pies y no llega a los pedales
se hace mujer de golpe a lado y lado,
se le alargan las piernas antes de tiempo
y se le alza la falda antes de hora.
Las alumnas más pobres la siguen en bandada
corriendo tras la rueda. Ella avanza dejando
la estatua sucesiva de su ausencia, propietaria
de muslos precoces y fugaces y de la única
bicicleta de mujer que hay en el pueblo.
(Cuando se entristece es porque ha crecido, y frena.)
Por turno, las demás niñas trepan al asiento, caen,
son más pequeñas en el suelo y desde allí le envidian
quizás la bicicleta, tal vez las piernas largas.
Vienen las muchachas de las clases finales
que ya no llevan trenza y se cubren los pechos
con libros y cuadernos guardándose para alguien.
Y ella, como si fuera una de ellas, las deja montar,
“pero hasta el poste, no más”, no sea que se vuelvan
mujeres al dar vuelta la esquina y ya no vuelvan.
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