La poesia della settimana è dedicata a Jorge Luis Borges, argentino, uno dei più grandi, amati e anche discussi scrittori del Novecento. Dal grande archivio di Casa della poesia offriamo a tutti gli amici e agli appassionati un testo importante e una lettura straordinaria: “Arte poetica / Arte poética”. La traduzione è di Domenico Porzio (I Meridiani Mondadori) e potete come al solito leggere anche il testo originale, ma soprattutto ascoltare la voce del grande scrittore argentino a più di trent’anni dalla sua scomparsa. Prosegue l’impegno di Casa della poesia e di Potlatch per una cultura libera e condivisa.
Jorge Luis Borges
Arte poetica
Guardare il fiume ch’è di tempo e di acqua
e ricordare che anche il tempo è un fiume,
saper che ci perdiamo come il fiume
e che passano i volti come l’acqua.
Sentire che la veglia è anch’essa un sonno
che sogna d’esser desto e che la morte
che teme il nostro corpo è quella morte
di ogni notte, che chiamiamo sonno.
Decifrare nel giorno o nell’anno un simbolo
dei giorni dell’uomo e dei suoi anni,
convertire l’oltraggio empio degli anni
in una musica, un rumore e un simbolo,
dire sonno la morte, nel tramonto
vedere un triste oro, è la poesia
eterna e povera. La poesia
che torna come l’aurora e il tramonto.
A volte appare nelle sere un volto
e ci guarda dal fondo d’uno specchio:
l’arte deve esser come questo specchio
che ci rivela il nostro stesso volto.
Narran che Ulisse, stanco di prodigi,
pianse d’amore nello scorgere Itaca
Verde e umile. L’arte è anch’essa un’Itaca
di verde eternità, non di prodigi.
È anch’essa come il fiume interminabile
che passa e resta e riflette uno stesso
Eraclito incostante, che è lo stesso
ed un altro, come il fiume interminabile.
Traduzione: Domenico Porzio
Jorge Luis Borges
Arte poética
Mirar el río hecho de tiempo y agua
y recordar que el tiempo es otro río,
saber que nos perdemos como el río
y que los rostros pasan como el agua.
Sentir que la vigilia es otro sueño
que sueña no soñar y que la muerte
que teme nuestra carne es esa muerte
de cada noche, que se llama sueño.
Ver en el día o en el año un símbolo
de los días del hombre y de sus años,
convertir el ultraje de los años
en una música, un rumor y un símbolo,
ver en la muerte el sueño, en el ocaso
un triste oro, tal es la poesía
que es inmortal y pobre. La poesía
vuelve como la aurora y el ocaso.
A veces en las tardes una cara
nos mira desde el fondo de un espejo;
el arte debe ser como ese espejo
que nos revela nuestra propia cara.
Cuentan que Ulises, harto de prodigios,
lloró de amor al divisar su Itaca
verde y humilde. El arte es esa Itaca
de verde eternidad, no de prodigios.
También es como el río interminable
que pasa y queda y es cristal de un mismo
Heráclito inconstante, que es el mismo
y es otro, como el río interminable.
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