La prima poesia della settimana di marzo è dedicata a Jorge Luis Borges, uno dei più grandi, amati e anche discussi scrittori del Novecento. Dal grande archivio di Casa della poesia offriamo a tutti gli amici e agli appassionati un testo importante e una lettura straordinaria: “Limiti / Limites”. La traduzione è di Domenico Porzio (I Meridiani Mondadori) e potete come al solito leggere anche il testo originale, ma soprattutto ascoltare la voce del grande scrittore argentino a più di trent’anni dalla sua scomparsa. Prosegue l’impegno di Casa della poesia e di Potlatch per una cultura libera e condivisa.
JORGE LUIS BORGES
Limiti
Di queste vie che scavano il ponente,
Una certo (non so quale) ho percorso
Ormai l’ultima volta, indifferente
E senza sospettarlo, sottomesso
A Chi prefigge onnipotenti norme
E una misura rigida e segreta
Alle ombre, ai fantasmi ed alle forme
Che tessono e che disfano la vita.
Se per tutto c’è termine e c’è regola
E ultima volta e per sempre ed oblio
Chi potrà dirci a chi, in questa casa,
Senza saperlo abbiamo detto addio?
Fa grigio il vetro la notte morente;
Della pila di libri che una tronca
Ombra allunga sul tavolo impreciso
Ce n’è qualcuno che non leggeremo.
C’è al Sud più di un portone consumato
Coi suoi vasi di pietra e i fichi d’India,
Che al mio passo nostalgico è vietato
Come se fosse una litografia.
Hai richiuso per sempre qualche porta
E c’è uno specchio che t’attende invano,
E quel crocicchio che ti sembra aperto
È vegliato dal quadrifronte Giano.
Fra tutti i tuoi ricordi, ce n’è uno
Che s’è perduto irreparabilmente;
Non ti vedranno più scendere alla fonte
Il bianco sole né la gialla luna.
Non riandrà la tua voce quel che il persa
Disse in suo idioma d’uccelli e di rose,
Quando al tramonto di luce dispersa
Vorresti dire memorande cose.
E l’incessante Rodano ed il lago,
Tutto l’ieri sul quale oggi mi chino?
Sarà perduto come lo è Cartago
Che con fuoco e con sale arse il latino.
Credo udire nell’alba un frettoloso
Rumore, come gente che va via:
È quello che m’ha amato e obliato;
Già spazio, tempo, Borges mi abbandonano.
(Traduzione a cura di Domenico Porzio)
JORGE LUIS BORGES
Limites
De estas calles que ahondan el poniente,
una habrá (no sé cuál) que he recorrido
ya por última vez, indiferente
y sin adivinarlo, sometido
a Quién prefija omnipotentes normas
y una secreta y rígida medida
a las sombras, los sueños y las formas
que destejen y tejen esta vida.
Si para todo hay término y hay tasa
y última vez y nunca más y olvido
¿quién nos dirá de quién, en esta casa,
sin saberlo, nos hemos despedido?
Tras el cristal ya gris la noche cesa
y del alto de libros que una trunca
sombra dilata por la vaga mesa,
alguno habrá que no leeremos nunca.
Hay en el Sur más de un portón gastado
con sus jarrones de mampostería
y tunas, que a mi paso está vedado
como si fuera una litografía.
Para siempre cerraste alguna puerta
y hay un espejo que te aguarda en vano;
la encrucijada te parece abierta
y la vigila, cuadrifronte, Jano.
Hay, entre todas tus memorias, una
que se ha perdido irreparablemente;
no te verán bajar a aquella fuente
ni el blanco sol ni la amarilla luna.
No volverá tu voz a lo que el persa
dijo en su lengua de aves y de rosas,
cuando al ocaso, ante la luz dispersa,
quieras decir inolvidables cosas.
¿Y el incesante Ródano y el lago,
todo ese ayer sobre el cual hoy me inclino?
Tan perdido estará como Cartago
que con fuego y con sal borró el latino.
Creo en el alba oír un atareado
rumor de multitudes que se alejan;
son lo que me ha querido y olvidado;
espacio y tiempo y Borges ya me dejan.
Leggi di più su Jorge Luis Borges
Lascia un commento