La poesia della settimana è “Sansepolcro” di Jorie Graham, per molti “la voce femminile più innovativa della poesia americana, l’erede della più alta tradizione statunitense e un’originale interprete, dai toni allo stesso tempo intimi e cosmici, della realtà contemporanea”. Vincitrice del Premio Pulizer nel 1996, è nata a New York nel 1950, è cresciuta in Italia e vive tra la Francia e gli Stati Uniti. In Italia la sua opera è conosciuta grazie all’accurata opera di traduzione e diffusione di Antonella Francini, la traduzione è infatti tratta dal volume L’angelo custode della piccola utopia, da lei curata per Luca Sossella Editore. Come al solito in questa pagina trovate testo originale, traduzione e soprattutto la voce di Jorie Graham. La foto di copertina tratta del New York Times è di Jeannette Montgomery Barron. Continua l’opera di Casa della poesia e di Potlatch per una cultura libera, democratica e condivisa.
Jorie Graham
Sansepolcro
In questa luce turchina
ti ci posso portare,
avendomi fatto la neve
intravedere
un mondo d’osso. Questa
è la mia casa,
la mia parte di mura
etrusche, i limoni
del mio vicino, e laggiu
sotto la chiesa,
la fabbrica d’aeroplani.
Un gallo
canta tutto il giorno
nella nebbia
oltre le mura. C’è latte
nell’aria, ghiaccio
sulla scorza oleosa dei
limoni. Com’è
sgombra la mente, tomba
benedetta. È questa ragazza
di Piero della Francesca,
che si sbottona la veste,
mantello del tempo,
per iniziare il
travaglio. Vieni, entriamo.
Non è ancora nato
dio. Nessuno
è ancora asceso
ai musei, alla catena
di montaggio – corpi
e ali – al mercato
all’aperto. Questo
fanno i vivi: entrano.
La strada è lunga.
E la veste continua ad aprirsi
dall’eternità
all’intimità, accelerando.
Dentro, nel cuore,
è tragedia, l’attimo presente
nato morto
per sempre, ma entrando,
ogni respiro
un bottone che si slaccia,
qualcosa terribilmente svelto
che trova tutti i fori.
Traduzione: Antonella Francini
Jorie Graham
Sansepolcro
In this blue light
I can take you there,
snow having made me
a world of bone
seen through to. This
is my house,
my section of Etruscan
wall, my neighbor’s
lemontrees, and, just below
the lower church,
the airplane factory.
A rooster
crows all day from mist
outside the walls.
There’s milk on the air,
ice on the oily
lemonskins. How clean
the mind is,
holy grave. It is this girl
by Piero
della Francesca, unbuttoning
her blue dress,
her mantle of weather,
to go into
labor. Come, we can go in.
It is before
the birth of god. No one
has risen yet
to the museums, to the assembly
line—bodies
and wings—to the open air
market. This is
what the living do: go in.
It’s a long way.
And the dress keeps opening
from eternity
to privacy, quickening.
Inside, at the heart,
is tragedy, the present moment
forever stillborn,
but going in, each breath
is a button
coming undone, something terribly
nimble-fingered
finding all of the stops.
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