Come nuova poesia della settimana, vogliamo condividere i versi di uno straordinario poeta, una delle grandi voci europee Josip Osti. Josip è nato a Sarajevo ma vive per lavoro e per amore in Slovenia, a Tomaj, sul Carso, a pochi chilometri dal confine italiano. È profondamente legato all’esperienza di Casa della poesia e abbiamo avuto la fortuna di averlo come nostro ospite molte volte e anche di pubblicare i suoi ultimi libri in Italia (“L’albero che cammina”, “Rosa Mystyca” e la raccolta di haiku “Nella terra di nessuno “). La poesia scelta è una delle più intense testimonianze del dramma della guerra di Bosnia e dell’assedio di Sarajevo, “Mia madre che lucidava di continuo le posate / Moja majka koja je stalno glancala escajg”, tradotta in italiano dalla grande Jolka Milič. Con Josip Osti, Renato Costarella al pianoforte e Valerio Iaccio al violino. La registrazione è stata realizzata a Casa della poesia nel 2004, la foto di copertina è di Mario Boccia. Continua l’impegno di Casa della poesia e di Potlatch per una cultura libera e condivisa.
Josip osti
Mia madre che lucidava di continuo le posate
Mia madre che lucidava di continuo le posate, adesso
sola in mezzo a Sarajevo, malgrado che in una città
senz’acqua, cibo ed elettricità i cucchiai, le forchette e
i coltelli e tante altre cose abbiano perso il significato di
una volta, continua a farlo. Scopa le schegge delle finestre
in frantumi e la polvere dalle pareti sgretolate dagli shrapnel,
si mette in grembo il nostro gatto siamese, vecchissimo
ormai, e lustra le posate. Le lucida fino a quando il loro
splendore non l’acceca, assopendola anche, stanca morta
delle lunghe veglie passate. Ridestandosi, a uno sparo
reale o sognato, intravede nel cucchiaio lucente il suo viso
sfigurato, esausto e troppo presto invecchiato. Un viso
che per giorni metteva insieme, quando in ginocchio sul
pavimento come in chiesa raccoglieva i frammenti dello
specchio rotto. E continua a lustrare le posate. Le posate
che nella guerra precedente lucidava allo stesso modo sua
madre, convinta che verrà il giorno in cui nello specchio
del metallo scorgerà le facce sorridenti dei famigliari, riuniti
tutti fino all’ultimo come il giorno del suo matrimonio.
Traduzione di Jolka Milič
JOSIP OSTI
Moja majka koja je stalno glancala escajg
Moja majka koja je stalno glancala escajg,
sada, sama usred Sarajeva, mada su u gradu
bez vode, hrane i elektrike, kašike, viljuške i
noževi, kao i mnogo šta drugo, izgubili negdašnji
smisao, ćini isto. Pomete srću razbijenih prozora
i prah gelerima okrunjenih zidova, stavi našeg
veæ prestarjelog sijamskog maćka u krilo i
glanca escajg. Glanca sve dok je njegov sjaj
ne zablješti i smorenu, od dugotrajnog bdijenja,
ne uspava. Pucnjem, stvarnim ili sanjanim,
probuðena, u ulaštenoj kašiki ugleda svoje
izoblièeno, prerano ostarjelo i izmućeno lice.
Lice koje je danima sastavljala, slažuæi, klećeči
na podu, kao u crkvi, komadiče razbijenog ogledala.
I nastavljala glancati escajg. Escajg koji je,
u prošlom ratu, na isti način, glancala njena majka,
vjerujuči da če doči dan kada če se u zrcalu kovine
oglïdati nasmijana lica ukučana, okupljenih,
do posljednjeg, kao u vrijeme njenog vjenčanja.
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