La bellissima poesia della settimana “Lezione di geografia / Lección de geografía” è di Juan Carlos Mestre, poeta e artista visuale, nato nel 1957 a Villafranca del Bierzo e voce fondamentale del panorama poetico contemporaneo spagnolo. Cantastorie visionario, creatore di catene d’immagini nelle quali realtà e invenzione si intrecciano in atmosfere incantate, assemblatore di un’assemblea di voci provenienti da ogni memoria o ricordo. Quella di Mestre è una voce di insolita profondità, guidata dalla necessità etica di quella che per lui è l’ultimo faro dell’utopia: la poesia. Scrive Juan Carlos Mestre: «Credo nella contingenza liberatrice della poesia, nella sua capacità di trasformare la coscienza della società, in quel qualcosa che il suo indeterminato beneficio comporta per il parlante nel progetto senza scopo della ripopolazione spirituale del mondo. Credo in quella socializzazione della felicità, […], credo nella sua argomentazione astratta e nell’inintelligibile messaggio delle cose effimere sulla notte terrena. Penso alla catarsi consolatoria di quanto significa l’interpretazione di un sogno e al paese morale di quelli che ormai vivono nell’aria, penso alla vergogna storica dei crimini civili, alla ripugnante abiezione dei totalitarismi, e penso anche alla criminalità economica, penso a quelli che sono soli e a quelli che nonostante la debolezza continuano a sostenere con forza, l’idea, fatta con parole, che un giorno le stelle saranno per chi le lavora». In questa pagina il testo originale, la traduzione di Raffaella Marzano (dal volume “Le stelle a chi le lavora“, Multimedia Edizioni, 2012) e soprattutto la lettura di Juan Carlos Mestre. La foto di copertina è di Guadalupe Grande. Continua l’impegno di Casa della poesia e di Potlath per una cultura libera e condivisa.
Juan Carlos Mestre
LEZIONE DI GEOGRAFIA
Chi non abbia visto il mare si alzi,
io glielo racconto, chiudete gli occhi.
Immaginate che l’acqua, come un cavallo bianco,
sia salita al campanile.
Le foglie degli alberi sono pesci,
la neve, spuma di cristallo sulle onde.
Come da un calice di luce
sostenuto dalla mano di Dio,
continuano a cadere una ad una le gocce della vita.
Così, l’innocente uccello,
la pietra, il muschio o la farfalla
cominciano ad entrare nell’acqua che ormai copre tutto.
Crederete che il mondo, da sempre,
gli abbia portato i suoi fiumi.
Dal fuoco, dall’occulta cenere di legno
ha preso il mare il suo verde germoglio di smeraldo.
Come l’usignolo che canta
nei giardini della terra
anche le conchiglie nelle sue profonde valli
celebrano la musica.
Per questo all’avvicinare il tuo orecchio
a quel bel labirinto di latte
ascolterai, anche non lo volessi,
l’immenso rumore del mare.
Ormai lo sapete,
e solo manca spingerlo, tutti insieme,
in aria.
Traduzione: Raffaella Marzano
Juan Carlos Mestre
LECCIÓN DE GEOGRAFÍA
Quien no haya visto el mar que se levante,
yo os lo voy a contar, cerrad los ojos.
Imaginad que el agua, como un caballo blanco,
se hubiera subido al campanario.
Las hojas de los árboles son peces,
la nieve, espuma de cristal sobre las olas.
Como de un vaso de luz
que sostuviera la mano de Dios,
van cayendo una a una las gotas de la vida.
Así, el inocente pájaro,
la piedra, el musgo o la mariposa
van entrando en el agua que ya todo lo cubre.
Creeréis que el mundo, desde siempre,
ha ido llevándole sus ríos.
Del fuego, de la oculta ceniza de madera
ha tomado el mar su verde brote de esmeralda.
Como el ruiseñor que canta
en los jardines de la tierra
también las caracolas en sus profundos valles
celebran las música.
Por eso al acercar tu oído
a ese bello laberinto de leche
escucharás, aunque no quieras,
el inmenso ruido de la mar.
Ahora ya lo sabéis,
y solo falta empujarlo, entre todos,
al aire.
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