La nuova “poesia della settimana” è dedicata ad un grande poeta inglese, nato nel 1938 e purtroppo scomparso dopo una lunga malattia nel 2003. Ken Smith è stato uno dei primi poeti ad aderire al progetto internazionale di Casa della poesia e a contribuire alle sue prime affermazioni (Napoli, Salerno, Baronissi, Trieste, Sarajevo, Vilenica). Il Tribune aveva scritto di lui: «il più importante poeta inglese contemporaneo, uno dei pochissimi che sarà ancora letto fra cento anni. La sua poesia è sfuggita ai confini della insularità per diventare universale. Egli ha scritto alle persone piuttosto che per loro e a questo deve gran parte del suo successo». “La Polizia Segreta / The Secret Police”, è stata tradotta da Raffaella Marzano. La foto di copertina è di LaVerne Harrell Clark, la registrazione realizzata “live” a Napolipoesia nel 1999. Prosegue l’impegno di Casa della poesia e di Potlatch per una cultura libera e condivisa.
Ken Smith
La Polizia Segreta
(per Zelei Bori)
Stanno ascoltando di nascosto attraverso i cavi,
nei muri, sotto le grondaie,
nelle ali dei balestrucci,
nelle orecchie delle vecchie signore,
nelle bocche dei bambini.
Stanno ascoltando, anche adesso.
Allora, un bell’applauso per la polizia segreta,
una minoranza molto incompresa.
Dopo tutto hanno i loro diritti,
un modo tutto loro di vedere le cose,
dire le cose, rivoltare le cose,
hanno anche una loro cultura peculiare.
E noi pensiamo
che dovrebbero avere un loro stato
dove potrebbero parlare le proprie
lingue incomprensibili, scrivere
le loro confessioni, le loro storie sconosciute,
coltivare la loro abitudine a spiare
spiandosi a vicenda, e sventolare
le loro bandiere lì, sull’attenti
in parata, con le loro medaglie davanti ai loro monumenti
nei loro anniversari segreti, fare discorsi,
tessere le lodi al Dio della Paranoia.
E alla fine del giorno
seppellire i loro morti, pubblicarsi i necrologi in codice
a vicenda, e riposare infine
nel loro genere di pace, per sempre.
Traduzione: Raffaella Marzano
Ken Smith
The Secret Police
(for Zelei Bori)
They are listening in the wires,
in the walls, under the eaves
in the wings of the house martins,
in the ears of old women,
in the mouths of children.
They are listening to this now.
So let’s hear it for the secret police,
a much misunderstood minority.
After all, they have their rights,
Their own particular ways of seeing things,
saying things, cooking things,
they too have a culture uniquely their own.
And we think
they should have their own state
where they could speak their own
incomprehensible tongues, write
their confessions, their unknown histories,
cultivate their habits of watching
by watching each other, and fly
their own flags there, at attention
on parade in their medals at their monuments
on their secret anniversaries, making speeches,
singing praises to the God of Paranoia.
And at the end of the day
bury their dead, publish their coded obituaries
of each other, and rest at last
in their own kind of peace, forever.
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