La poesia della settimana è dedicata al nostro caro amico Lawrence Ferlinghetti, una leggenda per tutti gli appassionati di poesia, di cultura e di editoria, che il 24 marzo compie gli anni. È un compleanno tondo tondo. Auguri con tutto il cuore al mitico Lawrence che ci onorati più volte della sua presenza ed amicizia. La poesia scelta, una sorta di manifesto poetico è “La poesia come arte ribelle / Poetry As Insurgent Art, registrata nel 2007 a Casa della poesia, in occasione della manifestazione salernitana “Altre Americhe”. La traduzione è di Raffaella Marzano e in questa pagina potete trovare come al solito la versione originale e soprattutto la bella lettura di Lawrence. Le foto dall’archivio di Casa della poesia relative a quella sua venuta a Salerno e a Baronissi. Prosegue l’impegno di Casa della poesia e di Potlatch per una cultura libera e condivisa.
Lawrence Ferlinghetti
LA POESIA COME ARTE RIBELLE
Ve lo sto indicando attraverso le fiamme.
Il polo nord non sta dove stava prima.
Il Destino Manifesto non è più manifesto.
La civiltà si auto-distrugge.
Nemesis bussa alla porta.
A che servono i poeti in un’epoca tale? A che serve la poesia?
Lo stato del mondo reclama a gran voce che la poesia lo salvi.
Se vuoi essere poeta, crea opere capaci di rispondere alla sfida dei tempi apocalittici, anche se questo significa sembrare apocalittico.
Sei Whitman, sei Poe, sei Mark Twain, sei Emily Dickinson e Edna St. Vincent Millay, sei Jack Hirschman, sei Neruda e Mayakovski e Pasolini, sei un americano o un non americano, puoi conquistare i conquistatori con le parole.
Se vuoi essere un poeta, scrivi giornali che vivono. Sii un reporter dallo spazio, che invia dispacci a un qualche supremo editore capo che crede nella piena trasparenza ed ha una bassa tolleranza per le stronzate.
Se vuoi essere un poeta, sperimenta ogni tipo di poetica, le grammatiche infrante dell’Eros, le religioni estatiche, i torrenti pagani di parole fuori controllo, la magniloquenza dei discorsi pubblici, le scritture automatiche, le percezioni surrealiste, i flussi di coscienza, i suoni trovati, le sfuriate – per creare il tuo sistema limbico, la tua voce di fondo, la tua voce ur.
Se ti definisci poeta, non startene lì seduto. La poesia non è un’occupazione sedentaria, non è una pratica da “prego si accomodi”. Alzati e fagliela vedere. Hai così poco tempo, hai tanto tempo per farlo.
Abbi una visione grandangolare, ogni occhiata uno sguardo sul mondo. Esprimi il vasto chiarore del mondo esterno, il sole che ci vede tutti, la luna che allunga le sue ombre su di noi, i quieti stagni nei giardini, i salici su cui canta il tordo nascosto, il crepuscolo che cade lungo il fiume, e i grandi spazi che si aprono sul mare… l’alta marea e il richiamo dell’airone… E la gente, la gente, si, in tutto il mondo, che parla le lingue di Babele. Dà voce a tutti loro.
Traduzione: Raffaella Marzano
Lawrence Ferlinghetti
POETRY AS INSURGENT ART
I am signalling you through the flames.
The North Pole is not where it used to be.
Manifest Destiny is no longer manifest.
Civilization self-destructs.
Nemesis is knocking at the door.
What are poets for, in such an age? What is the use of poetry?
The state of the world calls out for poetry to save it.
If you would be a poet, create works capable of answering the challenge of apocalyptic times, even if this means sounding apocalyptic.
You are Whitman, you are Poe, you are Mark Twain, you are Emily Dickinson and Edna St.Vincent Millay, you are Jack Hirschman, you are Neruda and Mayakovski and Pasolini, you are an American or a non-American, you can conquer the conquerers with words.
If you would be a poet, write living newspapers. Be a reporter from outer space, filing dispatches to some supreme managing editor who believes in full disclosure and has a low tolerance for bullshit.
If you would be a poet, experiment with all manner of poetics, erotic broken grammars, ecstatic religions, heathen outpourings speaking in tongues, bombast public speech, automatic scribblings, surrealist sensings, streams of consciousness, found sounds, rants and raves — to create your own limbic, your own underlying voice, your ur voice.
If you call yourself a poet, don’t just sit there. Poetry is not a sedentary occupation, not a “take your seat” practice. Stand up and let them have it. You have so little time, you have so much time to do it.
Have wide-angle vision, each look a world glance. Express the vast clarity of the outside world, the sun that sees us all, the moon that strews its shadows on us, quiet garden ponds, willows where the hidden thrush sings, dusk falling along the riverrun, and the great spaces that open out upon the sea… high tide and the heron’s call….And the people, the people, yes, all around the earth, speaking Babel tongues. Give voice to them all.
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