La poesia della settimana è dedicata ad un grande poeta greco, uno dei maggiori del secondo Novecento, Nikiforos Vrettakos (1912-1991). Un poeta del quale ci siamo innamorati e del quale presto pubblicheremo una ricca antologia, grazie alla competenza, alla disponibilità e allo stesso amore di Vincenzo Rotolo e Maria Caracausi. Vrettakos definito “poeta dell’umanità”, ha un legame molto forte con il nostro paese, ha vissuto infatti in esilio in Sicilia (scampato alla guerra civile e al regime dei colonnelli fino al 1974). Si è dedicato con rigore, dopo un periodo di grande impegno politico, ad una poesia “umanistica”, delle piccole cose (con grande respiro) e come un abbraccio all’universo, partecipando ai dolori del mondo, scrivendo d’amore, con fiducia negli uomini e nella “fragilità potente” della poesia. Il testo scelto è “Se non mi avessi dato la poesia, Signore / Αν δε μούδινες την ποίηση Κύριε” nella traduzione di Vincenzo Rotolo. Come al solito potete leggere il testo originale, la sua traduzione e soprattutto ascoltare la lettura del poeta. Torneremo presto a parlarvi di Vrettakos. Prosegue l’impegno di Casa della poesia e di Potlatch per una cultura libera, democratica, condivisa.
Nikiforos Vrettakos
Se non mi avessi dato la poesia, Signore
Se non mi avessi dato la poesia, Signore,
non avrei nulla per vivere.
Questi campi non sarebbero miei.
Mentre ora ho avuto la fortuna di possedere meli,
di fare spuntare rami dalle mie pietre,
riempire di sole il cavo delle mie mani
di gente il mio deserto,
di usignoli i miei giardini.
Allora, come ti sembra? Hai visto
le mie messi, Signore? Hai visto le mie viti?
Hai visto come cade bene la luce
sulle mie valli serene?
Ed ho ancora tempo!
Non ho dissodato tutto il mio territorio, Signore.
Il mio dolore mi scava a fondo e il mio lotto aumenta.
Prodigo il mio riso come pane che si spartisce.
Tuttavia,
non spendo a torto il tuo sole.
Non getto neanche una briciola di ciò che mi dai.
Perché penso alla solitudine e agli acquazzoni dell’inverno.
Perché verrà la mia sera. Perché giunge fra poco
la mia sera, Signore, e prima di andarmene
devo avere fatto della mia capanna una chiesa
per i pastori dell’amore.
Traduzione: Vincenzo Rotolo
Νικηφόρος Βρεττάκος
Αν δε μούδινες την ποίηση, Κύριε
Αν δε μούδινες την ποίηση, Κύριε,
δε θάχα τίποτα για να ζήσω.
Αυτά τα χωράφια δε θάταν δικά μου.
Ενώ τώρα ευτύχησα νάχω μηλιές,
να πετάξουν κλώνους οι πέτρες μου,
να γιομίσουν οι φούχτες μου ήλιο,
η έρημός μου λαό, τα περιβόλια μου αηδόνια.
Λοιπόν πως σου φαίνονται; Είδες
τα στάχυα μου, Κύριε; Είδες τ’ αμπελια μου;
Είδες τι όμορφα που πέφτει το φως
στις γαλήνιες κοιλάδες μου;
Κ’έχω ακόμη καιρό!
Δεν ξεχέρσωσα όλο το χώρο μου, Κύριε.
Μ’ ανασκάφτει ο πόνος μου κι ο κλήρος μου μεγαλώνει.
Ασωτεύω το γέλιο μου σαν ψωμί που μοιράζεται.
Ωστόσο, δεν ξοδεύω τον ήλιο σου άδικα.
Δεν θέλω ούτε ψίχουλο απ’ό,τι μου δίνεις.
Γιατί σκέφτομαι την ερμιά και τις κατεβασιές του χειμώνα.
Γιατί θάρθει το βράδυ μου. Γιατί φτάνει όπου νάναι
το βράδυ μου, Κύριε, και πρέπει
νάχω κάμει πριν φύγω την καλύβα μου εκκλησιά
για τους τσοπάνηδες της αγάπης.
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