La poesia della settimana è dedicata ad poeta spagnolo, Pedro Salinas, che ci ha regalato un canzoniere “La voce a te dovuta”, pubblicato nel 1933, nel quale settanta bellissime poesie si compattano in un intero poema d’amore tra i più famosi e apprezzati. La poesia scelta è “La materia non pesa / La materia no pesa“. Come al solito potete apprezzare il testo in traduzione e in originale asoprattutto ascoltare la voce e la lettura di Salinas. Prosegue l’impegno di Casa della poesia e di Potlatch per una cultuta libera e condivisa.
XLV
La materia non pesa.
Il tuo corpo ed il mio,
uniti, non sentono mai
schiavitù, sentono ali.
I baci che tu mi dài
sono sempre redenzioni:
tu baci verso l’alto,
e qualcosa di me porti a luce,
costretto prima
nel fondo oscuro.
Lo salvi, lo guardiamo
per vedere come ascende,
e vola, per l’impulso che gli dài,
verso il suo paradiso
dove ci aspetta.
No, non opprime la tua carne
e neppure la terra che calpesti
né il mio corpo che stringi.
Sento, quando mi abbracci,
che ho tenuto contro il petto
un lieve palpitare,
vicinissimo, di stella,
che viene da un’altra vita.
Il mondo materiale
nasce quando tu parti.
E sull’anima sento
quest’oppressione enorme
di ombre che hai lasciato,
di parole, senza labbra,
scritte su fogli di carta.
Restituito alla legge
del metallo, della roccia,
della carne. La tua forma
corporea,
il tuo dolce peso rosa,
è ciò che mi rendeva
il mondo più lieve.
Ma ciò che non sopporto
e che mi schiaccia,
chiamandomi alla terra,
senza te per difendermi,
è la distanza,
è il vuoto del tuo corpo.
Sì, tu mai, tu mai:
il tuo ricordo, è materia.
Traduzione di Emma Scoles
da: “La voce a te dovuta” (Einaudi)
XLV
La materia no pesa.
Ni tu cuerpo ni el mío,
Juntos se sienten nunca
Servidumbre, sí alas.
Los besos que me das
son siempre redenciones:
tú besas hacia arriba,
librando algo de mi,
que aún estaba sujeto
en los fondos oscuros.
Lo salvas, lo miramos
para ver cómo asciende,
volando, por tu impulso,
hacia su paraíso
donde ya nos espera.
No, tu carne no oprime
ni la tierra que pisas
ni mi cuerpo que estrechas.
Cuando me abrazas, siento
que tuve contra el pecho
un palpitar sin tacto.
cerquísima, de estrella,
que viene de otra vida.
El mundo material
nace cuando te marchas.
Y siento sobre el alma
esa opresión enorme
de sombras que dejaste,
de palabras sin labios,
escritas en papeles.
Devuelto ya a la ley
del metal, de la roca,
de la carne. Tu forma
corporal,
tu dulce peso rosa,
es lo que me volvía
el mundo más ingrávido.
Pero lo insoportable,
lo que me está agobiando,
llamándome a la tierra,
sin ti que me defiendas,
es la distancia, es
el hueco de tu cuerpo.
Sí, tú nunca, tú nunca:
tu memoria es materia.
da: “La voz a ti debita”.
Lascia un commento