La “poesia della settimana” è dedicata ad una delle voci più potenti e limpide, più sofferenti e visionarie, della letteratura americana del Novecento, Sylvia Plath. La poesia scelta, intensa e di forte impatto emotivo, è “Ariel“. La bella traduzione è del poeta Giovanni Giudici. Potete come sempre leggere il testo originale, la traduzione, ma soprattutto ascoltare la voce e la lettura della Plath. Prosegue costante l’opera di proposta di Casa della poesia e di Potlatch, per una cultura libera e condivisa.
Sylvia Plath
Ariel
Stasi nel buio. Poi
L’insostanziale azzurro
Versarsi di vette e distanze.
Leonessa di Dio,
Come in una ci evolviamo,
Perno di calcagni e ginocchi! – La ruga
S’incide e si cancella, sorella
Al bruno arco
Del collo che non posso serrare,
Bacche
Occhiodimoro oscuri
Lanciano ami –
Boccate di un nero dolce sangue,
Ombre.
Qualcos’altro
Mi tira su nell’aria –
Cosce, capelli;
Dai miei calcagni si squama.
Bianca
Godiva, mi spoglio –
Morte mani, morte stringenza.
E adesso io
Spumeggio al grano, scintillìo di mari.
Il pianto del bambino
Nel muro si liquefà.
E io
Sono la freccia,
La rugiada che vola
Suicida, in una con la spinta
Dentro il rosso
Occhio, il cratere del mattino.
Traduzione: Giovanni Giudici
Sylvia Plath
Ariel
Stasis in darkness.
Then the substanceless blue
Pour of tor and distances.
God’s lioness,
How one we grow,
Pivot of heels and knees! – The furrow
Splits and passes, sister to
The brown arc
Of the neck I cannot catch,
Nigger-eye
Berries cast dark
Hooks –
Black sweet blood mouthfuls,
Shadows.
Something else
Hauls me through air –
Thighs, hair;
Flakes from my heels.
White
Godiva, I unpeel –
Dead hands, dead stringencies.
And now I
Foam to wheat, a glitter of seas.
The child’s cry
Melts in the wall.
And I
Am the arrow,
The dew that flies,
Suicidal, at one with the drive
Into the red
Eye, the cauldron of morning.
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