In questi momenti bui, con la follia della guerra che di nuovo irrompe in Europa, la poesia ci soccorre, ci aiuta, ci fa riflettere e sperare. E ci porta nel quotidiano, nella vita delle persone sconvolte dalla guerra, nel loro cuore infranto. Dalla terribile esperienza della guerra di Bosnia e dall’assedio di Sarajevo arriva questa “poesia della settimana” di un grande poeta, sceneggiatore, drammaturgo di quella città, Abdulah Sidran. Il testo scelto, tra i più famosi e significativi di Sidran, è “L’incubo / Mora”, che potete come al solito leggere in traduzione, in lingua originale e ascoltare dalla straordinaria voce del poeta. La traduzione è di Silvio Ferrari, la registrazione effettuata a Casa della poesia, nel 2005 nell’ambito della manifestazione “Pianeta Sarajevo”, al pianoforte a quattro mani, Renato Costarella e Maurizio Galdieri. La foto di copertina (insieme a Sidran sulle scale di Casa della poesia Sinan Gudžević e alle loro spalle una foto di Izet Sarajlić) è di Salvatore Marrazzo. Continua l’impegno di Casa della poesia e di Potlatch per una cultura libera e condivisa che “costruisce ponti di pace”.
Abdulah Sidran
L’incubo
Che stai facendo, figlio?
Sogno, madre mia, sogno che sto cantando,
e tu mi chiedi, nel sogno: che stai facendo, figlio?
Cosa canti nel sogno, o figlio?
Canto, madre mia, che avevo una casa.
E adesso la casa non ce l’ho. Questo canto, madre mia.
Avevo la mia voce, o madre, e la mia lingua avevo.
E ora non ho né voce né lingua.
Con la voce che non ho, nella lingua che non ho,
dalla casa che non ho, io canto la mia canzone, o madre.
Traduzione di Silvio Ferrari
Abdulah Sidran
Mora
Šta to radiš, sine?
Sanjam, majko. Sanjam, majko, kako pjevam,
a ti me pitaš, u mome snu: šta to činiš, sinko?
O ćemu, u snu, pjevaš, sine?
Pjevam, majko, kako sam imao kuću.
A sad nemam kuće. O tome pjevam, majko.
Kako sam, majko, imao glas, i jezik svoj imao.
A sad ni glasa, ni jezika nemam.
Glasom, koga nemam, u jeziku, koga nemam,
o kući, koju nemam, ja pjevam pjesmu, majko.
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