Anche questa settimana le due rubriche del lunedì “Casa della poesia incontra la Città” (e ringraziamo la redazione del quotidiano che ci ospita celebrando i 25 anni di Casa della poesia) e l’ormai storica “poesia della settimana” si fondono.
Tra le tante aree di ricerca cha Casa della poesia ha affrontato nel corso di questi venticinaue anni, la scrittura nativa americana è stata importante per una serie di riflessioni sul rapporto fra dominanti e dominati, sulla espropriazione delle culture, sull’uso della lingua degli occupanti per far conoscere la propria cultura e le proprie tradizioni, sulla resistenza attraverso la scrittura e la cultura. Carter Revard, scrittore, poeta ed insegnante, Osage da parte di padre, considerato uno dei più importanti ed autorevoli scrittori nativi americani, è stato il nostro viatico in quel mondo. Noto anche con il nome Osage, Nom-Peh-Wah-La, è nato a Pawhuska, in Oklahoma nel 1931. Ha insegnato all’Amherst College, la Washington University di St. Louis, l’Università di Tulsa e di Oklahoma. Insolitamente per un professore “nativo americano”, il focus principale del suo studio e della sua carriera è stato lo studio di manoscritti medievali inglesi e il loro contesto sociale. Ha anche prodotto lavori scientifici di linguistica (in particolare sulla transizione tra inglese medioevale e le forme successive del linguaggio) e in Letteratura nativa americana. Carter Revard è stato uno dei primi poeti internazionali ad aderire al progetto di Casa della poesia fin dall’anno di fondazione, il 1996.
La poesia che proponiamo questa settimana è “Coyote tells why he sings” (Perché canta il coyote). La traduzione è di Franco Meli e potete ascoltare la bella lettura del poeta insieme ai musicisti Riccardo Morpurgo (piano), Luca Colussi (percussioni), Marco Collazzoni (fiati) registrata a Sarajevo nel 2003. Continua l’impegno di Casa della poesia e di Potlatch.
Carter Revard
Perché canta il Coyote
C’era un piccolo ruscello, vicino alla tana,
Ridotto a un rivolo, quell’arida estate in cui
Nacqui. Una notte di fine agosto iniziò a piovere;
Il Tuono ci svegliò. Gocce precipitavano rumorosamente
Sulla terra riarsa, sulle dense foglie di quercia, sulle rocce
Cariche di lichene, e la pioggia scendeva dalla collina tumultuosa
E picchiettante, il vento bagnando soffiava nella tana; sentivo il
Gocciolio delle foglie, l’umido fruscio di rami fradici battuti da raffiche di vento.
E poi – il canto del ruscello mutò: sentii cadere una pietra
Si formarono nuove increspature con gorgoglii dalle tonalità più basse.
Là alle nuove increspature bevvi, il mattino seguente,
Fresca acqua limacciosa che mi fece battere i denti.
Pensai quanto fosse fragile l’equilibrio di quella pietra:
La tempesta creò musica, dopo di che il mio mondo cambiò.
Traduzione: Franco Meli
Carter Revard
Coyote tells why he sings
There was a little rill of water, near the den,
That showed a trickle, all the dry summer
When I was born. One night in late August, it rained –
The Thunder waked us. Drops came crashing down
In dust, on stiff blackjack leaves, on lichened rocks,
And the rain came in a pelting rush down over the hill,
Wind blew wet into our cave as I heard the sounds
Of leaf-drip, rustling of soggy branches in gust of wind.
And then the rill’s tune changed – I heard a rock drop
That set new ripples gurgling, in a lower key.
Where the new ripples were, I drank, next morning,
Fresh muddy water that set my teeth on edge.
I thought how delicate that rock’s poise was and how
The storm made music, when it changed my world.
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