La poesia della settimana è dedicata a Faruk Šehić, grande talento della nuova letteratura bosniaca. Ha vissuto giovanissimo il dramma della guerra e delle macerie che causa e quelle dell’anima che continua a produrre. Arruolato a 22 anni nell’esercito della Bosnia ed Erzegovina, durante il conflitto è stato comandante di un’unità di centotrenta soldati ed è stato ferito gravemente. I suoi libri sono tradotti in moltissime lingue e ha ricevuto il prestigioso Premio dell’Unione Europea per la Letteratura nel 2013 per il romanzo “Il mio fiume”. Multimedia Edizioni ha appena pubblicato la sua raccolta “Tre fiumi e un continente“, nella traduzione di Ginevra Pugliese. Questa sua intensa raccolta poetica nasce sotto il segno di Ungaretti, in epigrafe (“I fiumi”), e di una lettera di Hemingway a F. Scott Fitzgerald sullo scrivere come unico imperativo perché “solo nel canto è possibile far rivivere i morti”. La poesia scelta è “Poesia dei sopravvissuti / Pjesma preživjelih”. Potete come sempre leggere la poesia in traduzione e e in originale e ascoltare la lettura dell’autore. La foto di copertina è di Dino Isaković. Prosegue l’impegno di Casa della poesia e di Potlatch per una cultura libera, condivisa, di pace.
Faruk Šehić
Poesia dei sopravvissuti
La vita talvolta ha un senso pieno
Ovunque guardi tutto ricorda l’armonia
Che abbiamo perso abbandonando il Paradiso terrestre
Il cameriere sistema l’ombrellone vicino al banco del gelato
Una sciarpa turchese svolazza sopra il fiume
Il giorno si svolge come la mappa del tesoro sul tavolo di Capitan Uncino
Tutto fino all’imbrunire sarà eccitante
Cercheremo il senso delle nostre vite
E poi, come le talpe, dagli occhi atrofizzati
Ma con la lampada da minatore sulle fronti
Ci rintaneremo nell’humus del buio del quale si plasma il cosmo
La materia oscura, il nostro utero
Qui stanno tutte le risposte, fluttuano in posizione fetale
Di sera arriva il rapace
Il fruscio delle sue ali è lo stesso della seta quando scivola lungo il fianco di una donna
Scava la nera terra dove ci siamo rintanati cercando le risposte
Mangiando noi, i nostri figli, e i nostri sogni
Dice: non cercate altra risposta all’infuori di me.
Quando ci svegliamo
Con gli occhi gonfi per la violenza della scena
Scottati per aver saltato attraverso i cerchi di fuoco delle città
Sappiamo che la storia si ripete
Sulle nostre spalle, esperimento di routine, alchimia inversa
Sulle nostre ossa indistruttibili le tracce d’arma bianca,
di arnesi agricoli
Il calcio al calcio
La carne all’erba, ai funghi, alle belve selvagge
Ogni giorno finisce così
E comincia con la perfezione
Con un gelato su stecco
Con l’allegro abbaiare del barboncino
Con il vento nei capelli
Con l’oblio del genocidio.
Traduzione: Ginevra Pugliese
Faruk Šehić
Pjesma preživjelih
Život nekad ima potpuni smisao
Gdje god pogledaš sve podsjeća na harmoniju
Koju smo izgubili napuštajući zemaljski Raj
Konobar namješta suncobran pokraj škrinje za sladoled
Jedan tirkizni šal leluja iznad rijeke
Dan se razvija kao mapa s blagom na stolu kapetana Kuke
Sve do sumraka biće uzbudljivo
Tražićemo smisao vlastitih života
I onda, poput krtica, zakržljalih očiju
Ali s rudarskom svjetiljkom na čelima
Zavući ćemo se u humus mraka od kojeg se mijesi kosmos
Tamna materija, naša maternica
Tu su svi odgovori, plutaju u fetalnom položaju
Naveče dolazi grabežljivac
Lepet njegovih krila je kao kad svila klizne niz ženski bok
Raskopava crnicu u koju smo se zavukli tražeći odgovore
Dok nas on jede, našu djecu, i naše snove
Kaže: ne tražite drugog odgovora osim mene.
Kad se probudimo
Natečenih očiju od siline prizora
Oprljeni jer skakasmo kroz vatrene obruče gradova
Znamo da se istorija ponavlja
Na našim leđima, rutinski ekperiment, obrnuta alhemija
Na našim neuništivim kostima tragovi hladnog oružja,
poljoprivrednih alatki
Kalcijum kalcijumu
Meso travi, gljivama, divljim zvijerima
Svaki dan se tako završava
A počinje savršenstvom
Sladoledom na štapiću
Veselim lavežom pudlice
Vjetrom u kosi
Zaboravom genocida.