La poesia della settimana è dedicata ad un poeta, romanziere, saggista, critico, polemista, docente di estetica presso l’Università di Sarajevo, Marko Vešović. Mentre la guerra ancora infuria in Europa recuperiamo versi scritti in occasione di un’altra guerra europea. Montenegrino di nascita, Vešović, che ha vissuto con la sua famiglia in città durante l’assedio, è uno degli scrittori, insieme a Izet Sarajlić e Abdulah Sidran, che la gente di Sarajevo ammirava e leggeva di più in quei momenti terribili. La poesia scelta è “Il manico / Balcak“, l’ironia feroce e la struggente malinconia descrivono la tragedia di Sarajevo e di un intero mondo che sta scomparendo. La traduzione è di Sinan Gudžević e Raffaella Marzano e la registrazione è stata realizzata a Casa della poesia nel 2005 nel corso della manifestazione “Pianeta Sarajevo” al pianoforte Renato Costarella & Maurizio Galdieri. Continua l’impegno e la dedizione di Casa della poesia e di Potlatch per una cultura libera, democratica e condivisa.
Marko Vešović
Il manico
Noi che abbiamo vissuto l’assedio di Sarajevo,
di tutto ciò, certamente, non avremo nulla da approfittare.
Quell’esperienza non ci servirà a nulla:
come se avessi perso le mani e guadagnato il violino,
come avrebbe detto Rasko.
Non la puoi trasmettere agli altri.
È possibile restaurare una brocca antica
avendo solo il manico conservato per i tempi nostri?
Bisogna dimenticare tutto
e poi dimenticare il dimenticato. Ma d’ora in poi, spero,
che noi avremo un po’ più di rispetto verso noi stessi,
come il pugile che riceve 1.000.000 di colpi
e rimane in piedi,
e la sua faccia massacrata gli dice nello specchio chi è lui in verità.
Abbiamo conosciuto i nostri limiti.
Perché sapere chi sei è sempre stato
il privilegio della vittima. Sapere quanto puoi sopportare senza andare
in pezzi – questo è l’unico podere
che avrai, se sopravvivrai,
dopo questa guerra infinita come
il fazzoletto che un prestigiatore tira fuori dal cilindro.
Quest’esperienza è la spada che non tireremo
spesso fuori dal fodero. Però, almeno io, terrò la mia mano
sul suo manico.
Traduzione: Sinan Gudžević e Raffaella Marzano
Marko Vešović
Balcak
Mi što smo prošli opsadu Sarajeva
od toga necemo imati, razumije se, ništa.
Iskustvo koje nam nece ni za šta služiti:
kao da si bez ruku ostao, a violinu osvojio,
kako bi rekao Rasko.
Niti ga možeš drugima ispricati.
Zar drevni krcag može se zamisliti
prema rucki dospjeloj do našeg vremena ?
Treba da sve u duši zabravimo
i da zaboravimo. Al odsad cemo, nadam se,
imati trun više samopoštovanja
ko bokser koji primi 1 000 000 udaraca
a na nogama ostane
i njegovo mu unakaženo lice iz ogledala
kazuje ko je uistinu.
Iskusili smo vlastite granice.
Jer znati ko si, to je ti uvijek bila
privilegija žrtve. Znati koliko možeš
podnijeti, a da se ne razletiš
u paramparcad – to je imetak jedini
koji ceš, ako preživiš, iznijeti
iz ovog rata, beskrajnog ko marama
što je madionicar izvlaci iz šešira.
To znanje – sablja je koju necemo potrzati
svaki cas iz korica. Ali bar ja cu držati šaku
na njenom u.
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