Ci sono incontri che cambiano la nostra percezione del mondo e delle cose che ci circondano. Così è stato con Paul Polansky, poeta, narratore, fotografo, antropologo, attivista per i diritti umani. Nato nel 1942 a Mason City, Iowa, ha lasciato gli States dopo gli studi per evitare la guerra del Vietnam. Mentre è in Cecoslovacchia a cercare le radici della propria famiglia, si imbatte per caso in documenti “segreti” che testimoniano di un campo di concentramento, durante la seconda guerra mondiale, situato a Lety, un comune del distretto di Pisek, in Boemia meridionale, nel quale venivano internati soprattutto rom e sinti. Il campo era gestito dalla polizia ceca. Da quella scoperta e dalle testimonianze raccolte, che gli procurano l’espulsione come indesiderato dalla Cecoslovacchia, grazie alla sua formazione di antropologo, Polansky inizia un viaggio di conoscenza e di comprensione delle popolazioni rom (per semplificare utilizzeremo questo termine data la complessità delle popolazioni), studiandone a fondo tradizioni e migrazioni alla ricerca di lavoro e di pace, che portarono queste popolazioni dall’India all’Europa balcanica e poi in Italia e in tutta Europa.
Incaricato dalle Nazioni Unite come mediatore nel Kosovo e in Serbia, in seguito entrato in conflitto con la gestione dei campi di rifugiati, rifiuta questo ruolo e decide di condivivere vita ed esperienze in quei campi.
Polansky diventa così un reale punto di riferimento delle popolazioni rom in Europa e soprattutto nel Kosovo, fino a diventare con le sue azioni, la sua poesia e i suoi scritti “voce di questi popoli senza voce”.
La parola può cambiare il mondo, specie quando essa è il riflesso scritto di un’azione compiuta o di una voce urlata contro le ingiustizie del mondo. Questa è la poesia di Polansky: lo specchio di un uomo che non ha mai permesso che gli eventi gli scorressero addosso, ma al contrario si è lasciato toccare e ferire dalla vita propria ed altrui.
In questa “Giornata della memoria” la poesia “Un lavoro da bambini / A Child’s Job”, testimonia lo sterminio nei campi di concentramento del popolo rom.
Casa della poesia ha pubblicato con Multimedia Edizioni nel 2009 una vasta antologia di poesie di Paul Polansky dal titolo “Undefeated / Imbattuto” curata e tradotta da Valentina Confido che firma una bella ed esaustiva introduzione.
Come al solito trovate in questa pagina il testo in italiano, in lingua originale e a bella lettura dell’autore. La foto di copertina è di Salvatore Marrazzo, la traduzione di Valentina Confido, la registrazione realizzata a Sarajevo nel 2009.
Polansky è stato anche il nostro lasciapassare e la nostra guida in diversi campi rom (sia autorizzati che abusivi, anche nella nostra regione), esperienza straordinaria di formazione e conoscenza. Commoventi e indimenticabili gli incontri con le comunità rom di Scampia e con gli operatori e i volontari.
Tanti gli incontri nelle scuole di Salerno e di tante città italiane dove crediamo che la sua voce abbia lasciato un segno profondo e indelebile nei giovani interlocutori.
Paul ci ha lasciati lo scorso anno, perdendo la sua ultima battaglia. Vogliamo ricordarlo con amore e gratitudine per quanto a fatto per noi e soprattutto per i tanti a cui ha dato voce.
Continua l’impegno di Potlatch e di Casa della poesia per una cultura libera e condivisa.
PAUL POLANSKY
UN LAVORO DA BAMBINI
Tutti a Lety dovevano lavorare,
anche noi bambini.
Ogni mattina venivamo
portati nella foresta
a prendere legna secca.
Dovevamo accatastare questa legna
accanto ai cadaveri
in modo che potessero essere bruciati.
Dietro il campo era stata scavata
una buca profonda in modo che
gli zingari che scappavano
ci sarebbero caduti dentro.
Se un prigioniero veniva trovato
nella fossa gli sparavano.
Poi dovevamo portare la legna
per bruciare anche il suo corpo.
Dovevamo anche portare la legna
per bruciare i corpi nudi
delle donne usate dalle guardie,
e di quelli che morivano di tifo,
e di quelli che le guardie affogavano
nei fusti di acqua piovana e nel lago.
Quando i bambini si ammalavano
il dottore faceva
un’iniezione sul
cuore, e dovevamo
bruciare anche i loro corpi.
Ricordo quando ho dovuto
portare pezzetti di legno
per bruciare il corpo
del mio fratellino appena nato.
Gli avevo dato il mio pane,
ma non è stato sufficiente.
Traduzione: Valentina Confido
PAUL POLANKSY
A CHILD’S JOB
Everyone at Lety had to work,
even us children.
Every morning we were
taken to the forest
to pick up dry wood.
We had to stack this wood
next to the dead bodies
so they could be burned.
Behind the camp a deep
trench was dug so
when Gypsies escaped
they would fall in.
If a prisoner was found
in the trench he was shot.
Then we had to bring wood
to burn his body too.
We also had to bring wood
to burn the naked bodies
of the women the guards used,
and those who died of typhus,
and those the guards drowned
in the rain barrel and in the lake.
When children got sick
the doctor gave them
an injection over the
heart, and we had to
burn their bodies too.
I remember when I had
to bring kindling
to burn the body
of my baby brother.
I gave him my bread,
but it wasn’t enough.
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