Tutta la “famiglia” di Casa della poesia (poeti, operatori culturali, amici, lettori, appassionati e la redazione di Potlatch) si stringe in un abbraccio virtuale che trova nella poesia una forma di resistenza, di riflessione, di consolazione, d’amore, di aiuto, di lotta e di speranza. Dopo la tragedia che ha colpito la nostra comunità con la morte di Luis Sepúlveda e di Luis Eduardo Aute, Juan Vicente Piqueras, ha scritto la struggente “Troppa morte / Demasiada muerte“, che ben descrive i nostri sentimenti di questo momento così buio della nostra vita comune. La foto di copertina è di Salvatore Marrazzo, la traduzione di Raffaella Marzano. Un abbraccio fraterno alle famiglie dei nostri amici poeti, in particolare a Carmen Yañez, amica e sorella. Augurandoci di venir fuori presto da questo incubo, invitiamo come farebbe Izet Sarajlić a stare insieme, uniti e a passeggiare almeno in una poesia.
Juan Vicente Piqueras
TROPPA MORTE
A Luis Eduardo Aute,
a Luis Sepúlveda,
e a tutti quelli che se ne vanno da soli
e ci lasciano ancora più soli
in questi giorni strani.
“Moriremo lontani…”
Cristina Campo
Troppa morte, amici, troppa morte.
Troppo fredda e troppo sola.
Senza poter salutare chi se ne va.
Senza poter abbracciare chi resta.
Troppi cadaveri sulla pista del Palazzo del Ghiaccio.
Troppe bare. Troppe ceneri. Troppe
solitudini col fiato sospeso, preghiere nel vuoto,
condoglianze per iscritto,
lacrime solitarie. Troppo solitarie.
Troppo nessuno.
Troppo silenzio dietro tanto rumore,
dietro tanta paura.
Il muezzin chiama ora alla preghiera.
Ci ricorda che dobbiamo morire.
Ce ne fossimo dimenticati.
Morire, quello era il verbo, morire. Ma non così,
non così soli, non così lontani,
senza poter salutare chi se ne va,
senza poter abbracciare chi resta.
Amman, aprile 2020
Traduzione: Raffaella Marzano
Juan Vicente Piqueras
DEMASIADA MUERTE
A Luis Eduardo Aute,
a Luis Sepúlveda,
y a todos los que se van solos
y nos dejan más solos todavía
en estos días extraños.
“Moriremo lontani…”
Cristina Campo
Demasiada muerte, amigos, demasiada muerte.
Demasiado fría y demasiado sola.
Sin poder despedir a quien se va.
Sin poder abrazar a quien se queda.
Demasiado cadáver en la pista del Palacio de Hielo.
Demasiado ataúd. Demasiadas cenizas. Demasiadas
soledades en vilo, plegarias al vacío, pésames por escrito,
lágrimas solas. Demasiado solas.
Demasiado nadie.
Demasiado silencio detrás de tanto ruido,
detrás de tanto miedo.
El muecín llama ahora a la oración.
Nos recuerda que vamos a morir.
Se nos había olvidado.
Morir, ese era el verbo, morir. Pero no así,
tan solos y tan lejos,
sin poder despedir a quien se va,
sin poder abrazar a quien se queda.
Ammán, abril de 2020
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